La “crociata” antiBergoglio

La “crociata” antiBergoglio

di Maurizio Tiriticco

Copio dal quotidiano “Libero” di alcuni mesi fa: “””Nella mattinata di Pasqua, domenica 12 aprile, piove su twitter la ferocissima critica di Alessandro Meluzzi nei confronti di Papa Francesco. Un attacco il cui timing non è certo casuale, per quanto sia noto quanto Meluzzi non condivida granché del pontificato di Bergoglio, che finisce spesso nel suo mirino. L’affondo sta tutto in un meme, nel quale campeggia la foto di Papa Francesco con sguardo corrucciato. Sopra, il commento: Si rifiuta di ricevere Salvini. E ancora: “I musulmani li riceve e gli lava i piedi. I cristiani no”. Dunque, si passa alla conclusione, che non lascia grandi spazi all’ambiguità: “Per me è il peggior Papa della storia”. Un pensiero che con chiara evidenza Alessandro Meluzzi condivide al cento per cento”””.

Ma non finisce qui! L’ira funesta del signor Meluzzi continua, e diventa sempre più pesante. Leggo sul web che addirittura “il signor Alessandro Meluzzi ha accusato il signor Jorge Mario Bergoglio, attualmente Pontefice della Chiesa cattolica, di essere un comunista… post litteram”. E, secondo il Meluzzi, il comunismo, come movimento e come dottrina politica, sembra che sia ancora vivo e vegeto. Da parte mia, ritengo che la scelta effettuata da un neoeletto Papa di volersi chiamare Francesco – un nome proprio che la Chiesa ufficiale di sempre in effetti non ha mai amato – voglia significare qualcosa di importante e di impegnativo contro l’attuale società capitalistica (la Russia e la Cina, anche se figlie di due grandi rivoluzioni, quella leninista e quella maoista, di comunismo oggi hanno poco o niente): l’esaltazione della povertà. A mio vedere, una scelta significativa e positiva: un Papa che sembra avere ripreso in mano quella bandiera che, per tante vicende che non sto a ricordare, i Pontefici precedenti sembravano avere dispersa nel dimenticatoio.

Ma andiamo ai fatti recenti! Il titolo del documento “incriminato” dal Meluzzi è la “Lettera enciclica “FRATELLI TUTTI, del Santo Padre Francesco sulla fraternità e l’amicizia sociale”. Di cui questo è l’incipit: “Fratelli tutti, così scriveva San Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo. Tra i suoi consigli voglio evidenziarne uno, nel quale invita a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio. Qui egli dichiara beato colui che ama l’altro «quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui». Con queste poche e semplici parole ha spiegato l’essenziale di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita. Questo Santo dell’amore fraterno, della semplicità e della gioia, che mi ha ispirato a scrivere l’Enciclica “Laudato si’, nuovamente mi motiva a dedicare questa nuova Enciclica alla fraternità e all’amicizia sociale. Infatti San Francesco, che si sentiva fratello del sole, del mare e del vento, sapeva di essere ancora più unito a quelli che erano della sua stessa carne. Dappertutto seminò pace e camminò accanto ai poveri, agli abbandonati, ai malati, agli scartati, agli ultimi”.

Queste parole di Papa Francesco sono assolutamente nuove rispetto a quanto accadeva con i pontificati precedenti! Per di più, mi ricordano intenzioni ed azioni dei cosiddetti “preti operai”, sacerdoti attivi nell’ormai lontano “sessantotto” del secolo scorso, quando a livello planetario la contestazione studentesca mise a dura prova le autorità costituite. Erano preti che esercitavano la loro azione sacerdotale fuori dalle parrocchie, nelle borgate soprattutto. Erano anche gli anni in cui un certo Don Milani diede vita ad una scuola fortemente critica nei confronti di quella statale, in cui una “professoressa” sembrava più preoccupata di bocciare che di promuovere conoscenze, cultura, solidarietà. Erano anche i tempi in cui i giovani di tutto il mondo cantavano “Imagine”, di John Lennon: “Imagine there’s no countries It isn’t hard to do Nothing to kill or die for And no religion, too Imagine all the people Living life in peace”. Che noi tutti del “sessantotto della contestazione” sapevamo a memoria. Tra un collettivo ed un altro! Tra un’occupazione e un’altra.

Per tutte queste ragioni, avere oggi come Papa un gesuita che a un Sant’Ignazio di Loyola preferisce un San Francesco d’Assisi riempie solo di gioia! Anche se un tale Meluzzi è livido di rabbia.

Si riconosca anche economicamente il lavoro del personale scolastico

Cuzzupi: “si riconosca anche economicamente il lavoro del personale scolastico.”

Il Segretario Nazionale dell’UGL Scuola, Ornella Cuzzupi, nel sottolineare il particolare momento e le note difficoltà in cui versa la scuola, difficoltà dettate dalla grave situazione sanitaria imposta dal Covid-19 e dalle lacune del sistema stesso, ha posto l’accento sul profilo e sull’importanza che i docenti hanno sempre avuto e, in modo particolare, stanno assumendo in questa circostanza.

L’insegnamento è una professione di alto valore sociale paragonabile ad una vera e propria missione e fonda la propria attività su un modello di costruzione di relazioni efficaci tra insegnanti e alunni basate su considerazione e stima reciproci. Questo aspetto – afferma Ornella Cuzzupi – è necessario a promuovere, attraverso l’istruzione e il proprio modo di essere docente, lo sviluppo civico, umano e culturale, necessario alla formazione dei giovani. Partendo da questa premessa, evidente e chiara, non possiamo esimerci dal porre alcune valutazioni di riconoscimento del lavoro svolto.”

In pratica, il Segretario Nazionale UGL Scuola tende a rimarcare come i docenti italiani e gli ATA pur mantenendo altissima la qualità delle proprie mansioni, soprattutto in un momento di crisi come quello attuale, rimangano sotto il profilo economico all’ultimo posto tra i colleghi europei.

A tutto ciò – continua Cuzzupi – si aggiunga il dilagare dell’epidemia e lo sforzo di tutto il personale scolastico nel contenere e gestire il naturale disorientamento dei ragazzi che vedono minate le certezze sulle quali si basa la normale convivenza. L’atteggiamento costruttivo accompagnato dalla richiesta governativa di prestazioni straordinarie non può essere ignorato e pertanto l’UGL Scuola chiede che si valuti un opportuno adeguamento della retribuzione e lo si contratti con le Forze Sociali di settore.

Una ferma posizione quindi del Segretario Nazionale UGL Scuola che auspica, ancora una volta, che i vertici ministeriali non continuino nella politica del “non confronto” che sta ulteriormente danneggiando l’apparato scolastico.

Noi siamo per il dialogo non pregiudiziale – dice senza mezzi termini il Segretario Cuzzupi – e le nostre rivendicazioni sono chiare: vogliamo una scuola che funzioni e il giusto riconoscimento per chi, ogni giorno, prepara il futuro del Paese: docenti e personale scolastico.

   Federazione Nazionale UGL Scuola

Il Segretario Nazionale

Orrnella Cuzzupi

COVID-19 e istruzione in Africa

UNICEF/COVID-19 e istruzione: in Africa occidentale e centrale solo 7 paesi su 24 riaprono le scuole

  • Nella regione, prima della pandemia, 41 milioni di bambini e adolescenti erano fuori dalle scuole – circa un terzo dei bambini del mondo che non andavano a scuola.
  • Più della metà di tutti bambini che nel mondo non hanno servizi igienici per lavare le mani a scuola vive in Africa subsahariana.
  • Almeno il 48% degli studenti nella regione non aveva accesso all’apprendimento da remoto durante la chiusura delle scuole.
  • A dicembre 2019, in Africa occidentale e centrale, le scuole per 2,1 milioni di bambini erano chiuse o non operative per motivi di sicurezza, a causa di conflitti, violenze e altre emergenze.

7 ottobre 2020 – L’UNICEF chiede ai Ministeri dell’Istruzione e della Finanza di dare priorità all’istruzione nei propri piani di ripresa dal COVID-19 per ridurre l’impatto negativo della crisi legata al COVID-19 sui bambini e sulle economie nazionali.

I nuovi dati dell’UNICEF sui progressi e le prospettive per la riapertura delle scuole in Africa occidentale e centrale mostrano che, a 6 mesi dall’inizio della pandemia che ha costretto tutti i paesi dell’Africa occidentale e centrale a chiudere le scuole come risposta tra le misure governative di lockdown, solo 7 paesi su 24 nella regione – Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale e Sierra Leone – sono in grado di riaprire le scuole agli alunni per il nuovo anno accademico 2020-2021.

             L’UNICEF chiede ai restanti 17 paesi di accelerare gli sforzi per rendere le scuole pronte a una riapertura in sicurezza, garantendo acqua e servizi igienico-sanitari, rendendo disponibili spazi per l’apprendimento sicuri e utilizzando approcci all’apprendimento misti.

               Prima della pandemia, le opportunità di apprendimento per i bambini dell’Africa occidentale e centrale non erano distribuite equamente, con 41 milioni di bambini e adolescenti fuori dalle scuole – che rappresentavano circa un terzo dei bambini del mondo che non andavano a scuola. È fondamentale che tutti i governi assicurino che ogni bambino, soprattutto i più esclusi e marginalizzati, comprese le ragazze e i bambini con disabilità, possa tornare a scuola in sicurezza e che i paesi ricostruiscano meglio di prima e raggiungano i bambini lasciati indietro prima della pandemia per includerli nelle opportunità di apprendimento.

                “È necessario aprire le scuole ai bambini e agli adolescenti che sono rimasti fuori, fornendo percorsi di apprendimento alternativi e intensivi, per rompere il ciclo di disuguaglianza nell’istruzione e nell’economia africana. Mantenere un bilanciamento tra l’apprendimento digitale e l’apprendimento a scuola fornirà la flessibilità e la sicurezza di cui i bambini hanno bisogno durante questo periodo di transizione”, ha dichiarato Francesco Samengo, Presidente dell’UNICEF Italia. È fondamentale che i governi, ora più che mai, assicurino che le risorse necessarie, soprattutto in termini di insegnanti, anche volontari, siano disponibili affinché tutti i bambini continuino ad apprendere tenendoli al sicuro.

                  In Africa occidentale e centrale i bambini vanno a scuola in alcuni dei contesti più difficili al mondo. Nel mezzo della pandemia da COVID-19, quando lavare le mani con il sapone è una delle pratiche più concrete di protezione contro la pandemia, più della metà di tutti bambini che nel mondo non hanno servizi igienici per lavare le mani a scuola vive in Africa subsahariana. In Guinea Bissau, solo il 12% delle scuole ha servizi igienici di base per lavare le mani con acqua e sapone, in Niger il 15%, in Senegal il 22% e in Burkina Faso il 25%. Inoltre, nella regione, le aule sono spesso sovraffollate e mancano insegnanti formati per supportare l’apprendimento dei bambini.

                   Nonostante gli sforzi nella maggior parte dei paesi nella regione per riaprire parzialmente le scuole alla fine dell’anno accademico per consentire agli studenti di completare gli esami finali, milioni di bambini non potevano tornare fisicamente a scuola.

                    Con la chiusura delle scuole, diversi paesi hanno sviluppato opportunità di apprendimento a distanza che comprendono radio, televisione, internet e materiali cartacei. Questi sforzi però non hanno raggiunto tutti i bambini. Almeno il 48% degli studenti nella regione non aveva accesso all’apprendimento da remoto durante la chiusura delle scuole. Questo ha contribuito ad aumentare le disuguaglianze nell’accesso alle opportunità di apprendimento. In Africa occidentale e centrale si trovano diversi paesi che affrontano conflitti, violenze e altre emergenze. A dicembre 2019, le scuole per 2,1 milioni di bambini erano chiuse o non operative per motivi di sicurezza. Questo spiega perché i governi devono rafforzare percorsi alternativi per un’istruzione di qualità per tutti i bambini e assicurare la continuità dell’apprendimento.

                     La chiusura delle scuole ha conseguenze negative per l’istruzione e il benessere dei bambini, con i bambini, soprattutto le ragazze delle comunità più marginalizzate, che pagano il prezzo più alto. Evidenze – come ad esempio l’epidemia di Ebola in Sierra Leone – mostrano che più a lungo un bambino non va a scuola, maggiori sono le probabilità che l’abbandoni.

                        Quando un bambino non va a scuola, affronta maggiori rischi di reclutamento da parte di gruppi armati, matrimoni precoci, gravidanza precoce e altre forme di sfruttamento e abuso. Da quando la pandemia ha avuto inizio, la violenza sui bambini è in crescita. Secondo una recente indagine in Burkina Faso il 32% dei bambini in regioni colpite da conflitto ha percepito un incremento della violenza domestica contro ragazzi e ragazze come conseguenza del confinamento a casa.

                          L’UNICEF sta lavorando con le autorità per l’istruzione e le comunità per supportare la riapertura delle scuole fornendo strumenti, formando insegnanti, migliorando l’accesso ad acqua e servizi igienico-sanitari a scuola, attraverso piani per gli studenti per recuperare l’apprendimento perduto e promuovere le innovazioni nel campo della salute, della scuola, dell’apprendimento digitale e delle competenze fondamentali, in collaborazione con Banca Mondiale, UNESCO, WFP, OMS e il settore privato. 

UNICEF/COVID-19 e istruzione: in Africa occidentale e centrale solo 7 paesi su 24 riaprono le scuole

  • Nella regione, prima della pandemia, 41 milioni di bambini e adolescenti erano fuori dalle scuole – circa un terzo dei bambini del mondo che non andavano a scuola.
  • Più della metà di tutti bambini che nel mondo non hanno servizi igienici per lavare le mani a scuola vive in Africa subsahariana.
  • Almeno il 48% degli studenti nella regione non aveva accesso all’apprendimento da remoto durante la chiusura delle scuole.
  • A dicembre 2019, in Africa occidentale e centrale, le scuole per 2,1 milioni di bambini erano chiuse o non operative per motivi di sicurezza, a causa di conflitti, violenze e altre emergenze.

7 ottobre 2020 – L’UNICEF chiede ai Ministeri dell’Istruzione e della Finanza di dare priorità all’istruzione nei propri piani di ripresa dal COVID-19 per ridurre l’impatto negativo della crisi legata al COVID-19 sui bambini e sulle economie nazionali.

I nuovi dati dell’UNICEF sui progressi e le prospettive per la riapertura delle scuole in Africa occidentale e centrale mostrano che, a 6 mesi dall’inizio della pandemia che ha costretto tutti i paesi dell’Africa occidentale e centrale a chiudere le scuole come risposta tra le misure governative di lockdown, solo 7 paesi su 24 nella regione – Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale e Sierra Leone – sono in grado di riaprire le scuole agli alunni per il nuovo anno accademico 2020-2021.

             L’UNICEF chiede ai restanti 17 paesi di accelerare gli sforzi per rendere le scuole pronte a una riapertura in sicurezza, garantendo acqua e servizi igienico-sanitari, rendendo disponibili spazi per l’apprendimento sicuri e utilizzando approcci all’apprendimento misti.

               Prima della pandemia, le opportunità di apprendimento per i bambini dell’Africa occidentale e centrale non erano distribuite equamente, con 41 milioni di bambini e adolescenti fuori dalle scuole – che rappresentavano circa un terzo dei bambini del mondo che non andavano a scuola. È fondamentale che tutti i governi assicurino che ogni bambino, soprattutto i più esclusi e marginalizzati, comprese le ragazze e i bambini con disabilità, possa tornare a scuola in sicurezza e che i paesi ricostruiscano meglio di prima e raggiungano i bambini lasciati indietro prima della pandemia per includerli nelle opportunità di apprendimento.

                “È necessario aprire le scuole ai bambini e agli adolescenti che sono rimasti fuori, fornendo percorsi di apprendimento alternativi e intensivi, per rompere il ciclo di disuguaglianza nell’istruzione e nell’economia africana. Mantenere un bilanciamento tra l’apprendimento digitale e l’apprendimento a scuola fornirà la flessibilità e la sicurezza di cui i bambini hanno bisogno durante questo periodo di transizione”, ha dichiarato Francesco Samengo, Presidente dell’UNICEF Italia. È fondamentale che i governi, ora più che mai, assicurino che le risorse necessarie, soprattutto in termini di insegnanti, anche volontari, siano disponibili affinché tutti i bambini continuino ad apprendere tenendoli al sicuro.

                  In Africa occidentale e centrale i bambini vanno a scuola in alcuni dei contesti più difficili al mondo. Nel mezzo della pandemia da COVID-19, quando lavare le mani con il sapone è una delle pratiche più concrete di protezione contro la pandemia, più della metà di tutti bambini che nel mondo non hanno servizi igienici per lavare le mani a scuola vive in Africa subsahariana. In Guinea Bissau, solo il 12% delle scuole ha servizi igienici di base per lavare le mani con acqua e sapone, in Niger il 15%, in Senegal il 22% e in Burkina Faso il 25%. Inoltre, nella regione, le aule sono spesso sovraffollate e mancano insegnanti formati per supportare l’apprendimento dei bambini.

                   Nonostante gli sforzi nella maggior parte dei paesi nella regione per riaprire parzialmente le scuole alla fine dell’anno accademico per consentire agli studenti di completare gli esami finali, milioni di bambini non potevano tornare fisicamente a scuola.

                    Con la chiusura delle scuole, diversi paesi hanno sviluppato opportunità di apprendimento a distanza che comprendono radio, televisione, internet e materiali cartacei. Questi sforzi però non hanno raggiunto tutti i bambini. Almeno il 48% degli studenti nella regione non aveva accesso all’apprendimento da remoto durante la chiusura delle scuole. Questo ha contribuito ad aumentare le disuguaglianze nell’accesso alle opportunità di apprendimento. In Africa occidentale e centrale si trovano diversi paesi che affrontano conflitti, violenze e altre emergenze. A dicembre 2019, le scuole per 2,1 milioni di bambini erano chiuse o non operative per motivi di sicurezza. Questo spiega perché i governi devono rafforzare percorsi alternativi per un’istruzione di qualità per tutti i bambini e assicurare la continuità dell’apprendimento.

                     La chiusura delle scuole ha conseguenze negative per l’istruzione e il benessere dei bambini, con i bambini, soprattutto le ragazze delle comunità più marginalizzate, che pagano il prezzo più alto. Evidenze – come ad esempio l’epidemia di Ebola in Sierra Leone – mostrano che più a lungo un bambino non va a scuola, maggiori sono le probabilità che l’abbandoni.

                        Quando un bambino non va a scuola, affronta maggiori rischi di reclutamento da parte di gruppi armati, matrimoni precoci, gravidanza precoce e altre forme di sfruttamento e abuso. Da quando la pandemia ha avuto inizio, la violenza sui bambini è in crescita. Secondo una recente indagine in Burkina Faso il 32% dei bambini in regioni colpite da conflitto ha percepito un incremento della violenza domestica contro ragazzi e ragazze come conseguenza del confinamento a casa.

                          L’UNICEF sta lavorando con le autorità per l’istruzione e le comunità per supportare la riapertura delle scuole fornendo strumenti, formando insegnanti, migliorando l’accesso ad acqua e servizi igienico-sanitari a scuola, attraverso piani per gli studenti per recuperare l’apprendimento perduto e promuovere le innovazioni nel campo della salute, della scuola, dell’apprendimento digitale e delle competenze fondamentali, in collaborazione con Banca Mondiale, UNESCO, WFP, OMS e il settore privato. 

Esami finali di terza media, la lode può essere attribuita anche dal Tar

da Il Sole 24 Ore

di Pietro Alessio Palumbo

L’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione è finalizzato a verificare le conoscenze, le abilità e le competenze acquisite dall’alunno anche in funzione orientativa. In proposito la vigente disciplina sulle norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato di cui al Dl 62/2017 prevede espressamente che la valutazione finale espressa con la votazione di dieci decimi «può» essere accompagnata dalla lode, con deliberazione all’unanimità della commissione, in relazione alle valutazioni conseguite nel percorso scolastico del triennio e agli esiti delle prove d’esame.

La discrezionalità del Consiglio di classe
Parimenti, la recente ordinanza ministeriale numero 9 del 16 maggio scorso sulle modalità di espletamento dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione del sistema nazionale di istruzione per l’anno scolastico 2019/2020, ribadisce all’articolo 7 che l’alunno consegue il diploma conclusivo del primo ciclo d’istruzione conseguendo una valutazione finale di almeno sei decimi. Tale valutazione finale qualora espressa con la votazione di dieci decimi, a «discrezione» del Consiglio di classe può essere accompagnata dalla lode a seguito di deliberazione all’unanimità del suddetto organo scolastico, in considerazioni dei “lodevoli” risultati di apprendimento conseguiti dall’alunno nel complesso del percorso scolastico.

Nessuna disparità di trattamento
Ebbene con la recente sentenza 319/2020 il Tribunale amministrativo per l’Abruzzo – ferma la discrezionalità del Consiglio di classe in merito alla eventuale attribuzione della lode ai soli alunni che abbiano dimostrate eccellenze lungo tutto il percorso di studi – ha posto l’attenzione su un altro aspetto della valutazione scolastica: la parità di trattamento tra alunni che abbiano dimostrato una performance se non identica, pressocché sovrapponibile.

I curricula equivalenti
Nel caso affrontato dal Giudice amministrativo aquilano i genitori di un alunno che aveva conseguito il massimo dei voti (il 10) denunciavano la disparità di trattamento con un compagno di classe del figlio. A ben vedere i ragazzi avevano una media finale delle valutazioni all’esito dello scrutinio di ciascuna delle classi del triennio e valutazione dell’elaborato con incidenza sul voto finale, perfettamente pari. Avendo conseguito lo stesso voto finale di 10/10, derivante dai risultati conseguiti nel triennio e nell’esame finale, vantavano curricula – quindi – del tutto equivalenti.

La (necessaria) motivazione della differenziazione
Ebbene per nulla ledendo la discrezionalità del Consiglio di classe che come visto «può» attribuire la lode agli alunni eccellenti, il Tar aquilano ha chiarito che di fronte a parità di “prestazioni” di carriera scolastica con conseguente assegnazione a più alunni della massima valutazione nel giudizio finale, il Consiglio di classe deve esternare le motivazioni della eventuale decisione di attribuire la lode solo ad uno o alcuni di essi e non a tutti. In altre parole di fronte a una situazione di del genere il Consiglio di classe piuttosto che motivare l’attribuzione della lode a uno solo degli alunni deve argomentare comprensibilmente perché la suddetta benemerenza non sia stata attribuita alla generalità degli alunni con medesimo curriculum.

Scuole e uffici pubblici, primi piani di sicurezza

da Il Sole 24 Ore

di Massimo Frontera

Prime aperture alla proposta di mettere in efficienza una porzione significativa di immobili pubblici, scuole comprese, attraverso partnership tra amministrazioni pubbliche – statali e locali – e operatori economici specializzati nel facility management e nell’efficientamento immobiliare.

La proposta è quella del big del facility management Rekeep insieme a Nomisma, illustrata ieri nella web conference “Un green new deal per il patrimonio immobiliare pubblico. Impatto economico, ambientale, sociale” realizzata con il Sole 24 Ore. La proposta si focalizza su due segmenti del portafoglio immobiliare pubblico – 31.768 scuole e 15.320 uffici – su cui intervenire con efficientamento sismo-energetico o con demolizione e ricostruzione. Il costo? Poco più di 39 miliardi (33,9 per interventi sulle le scuole e 5,3 per gli uffici). Secondo Nomisma, il 70% di questi soldi, circa 27,4 miliardi, riguarda interventi su strutture e andrebbero trovati attingendo a risorse pubbliche, mentre l’altro 30%, pari a 11,7 miliardi, essendo legato a interventi di efficientemento energetico è “autosostenibile”.

«È su questo 70% – ha spiegato Marco Marcatili, responsabile sviluppo e sostenibilità di Nomisma – è necessario un progetto paese per vedere se dal Green deal o dal recovery plan può essere utile drenare alcune risorse». L’effetto moltiplicatore, sarebbe elevato: i 39,1 miliardi di investimenti produrrebbero, secondo Nomisma, oltre 140 miliardi, tra indotto e produzione. Secondo il sottosegretario alle Infrastrutture Salvatore Margiotta, la proposta di Nomisma ha «numeri tutti credibili e si inserisce bene nel new deal e nel recovery fund, soprattutto sulla parte energetica». Su quella sismica, che è anche più ingente, «la questione è più complicata – ha ammesso Margiotta – ma è del tutto evidente che mettere in sicurezza il patrimonio è una delle necessità che abbiamo». Serve però un intervento di semplificazione per far “girare” il partenariato pubblico-privato (Ppp). Uno degli ostacoli è, per esempio, quello del limite del 49% del concorso privato nel Ppp, segnalato dall’amministratore delegato di Snam4Efficiency Cristian Acquistapace. È stato sempre Margiotta ha ricordare che in tema di partenership pubblico-privata, già oggi enti locali e operatori hanno una possibilità in più, grazie alla norma dell’articolo 8 del Dl Semplificazioni che consente di fare una proposta di Pf anche per un’opera che è già inserita nel piano della Pa: «un piccolo potenziamento» che si sposa con la proposta di Rekeep perché «consente al privato di fare non solo la sponda finanziaria ama anche da partner tecnico».

«Il pubblico – ha sottolineato Claudio Levorato, presidente di Manutencoop – ha bisogno di “ridislocare” la propria offerta immobiliare, quella delle scuole e degli uffici. È fondamentale che i comuni mettano in gioco queste proprietà, nell’ambito di procedure di Pf, in cui è possibile rifunzionalizzare gli edifici e trarre risorse per perseguire l’obiettivo pubblico». La «rifunzionalizzazione degli spazi», in particolare delle scuole, è un tema posto con forza dal sindaco di Cosenza e delegato politico Anci Urbanistica e lavori pubblici Mario Occhiuto. Si è spinto ancora più avanti il sottosegreraio all’Ambiente Roberto Morassut, ricordando che la pandemia, oltre a riformulare la domanda di spazi per la didattica, ha aperto una riflessione anche sugli uffici. Da qui l’idea che «la riconversione del patrimonio terziario può dare una risposta alla domanda di casa, che è il grande tema della città»; un tema che porta direttamente alla rigenerazione urbana «che – ricorda sempre Morassut – non può che partire dal patrimonio pubblico, che da terziario può divenire residenziale e quindi entrare nelle convenzienze dell’ecobonus».

Agenzia Giovani, presentati 750 progetti per Erasmus+ e Esc

da Il Sole 24 Ore

di Redazione scuola

Sono 750 i progetti presentati all’Agenzia Nazionale per i Giovani nel terzo round per i programmi Erasmus+:Gioventù e Corpo Europeo di Solidarietà, concludendo con un importante risultato l’attuale programmazione europea del settennato 2014-2020.

La nota dell’Agenzia
L’Italia – informa una nota dell’Agenzia – è al primo posto in Europa per numero di domande pervenute nel 2020 nell’ambito dell’Azione chiave 2 – Partenariati strategici di Erasmus+:Gioventù, con 341 progetti presentati. Molto elevato anche il numero complessivo di domande pervenute in totale per il programma Erasmus+:Gioventù, oltre 3.580 progetti nell’arco delle 3 scadenze dell’anno. L’Italia risulta, inoltre, al secondo posto per numero di progetti presentati nel 2020 nell’ambito del Corpo europeo di solidarietà, con 867 proposte progettuali, di cui 352 Progetti di solidarietà. Giunte, inoltre, più di 260 richieste di Quality Label, il marchio di qualità concesso dall’Agenzia Nazionale per i Giovani che consente a organizzazioni ed enti di accreditarsi nell’ambito del Corpo europeo di solidarietà per presentare progetti di volontariato, tirocinio, lavoro.

«Una risposta che ci racconta il ruolo dei giovani come ispirazione e come leva della Next Generation – afferma Lucia Abbinante, direttrice generale dell’Agenzia Nazionale per i Giovani -. Sono i giovani ad essere protagonisti di questa transizione e di questo cambiamento che si attiva anche attraverso l’accesso agli strumenti dei programmi europei, come Erasmus+ e Corpo Europeo di Solidarietà. I giovani stanno dimostrando la loro voglia e la loro capacità di reagire».

Nasce « Social to School», per veicolare nelle scuole i contenuti etico-sociali delle aziende

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Humans to Humans (https://humanstohumans.it/), realtà promotrice di lezioni digitali con contenuti multimediali nata con l’obiettivo di valorizzare la missione etica delle imprese e mettere in contatto le aziende con la popolazione scolastica (come dirigenti, docenti e studenti), lancia il progetto «Social to School» con l’obiettivo di veicolare nelle scuole contenuti etico-sociali delle aziende avvalendosi anche del supporto di creators del mondo dei social, così come ambassador dei brand stessi, conosciuti dai più giovani. Social to School si articola in un set di lezioni in formato digitale realizzate con interviste, materiale multimediale e testimonianze ispirazionali per un percorso di istruzione al di là dei soliti canoni di lezione.

L’iniziativa
Per veicolare i contenuti ai ragazzi, Social to School si avvale di creators come influencers e youtubers in grado di interpretare i valori delle aziende e di tradurli in un linguaggio adatto ad un pubblico giovane. Ruolo chiave lo ha anche l’intero ecosistema scuola e le famiglie degli studenti che possono affiancare i figli e partecipare a challenge ed eventi contemplati nell’iniziativa e volti a rafforzare l’acquisizione di buone pratiche nel campo della sostenibilità, della tutela dell’ambiente e dell’uso consapevole delle risorse.

I temi trattati
Temi oggetto delle lezioni digitali sono quelli della sostenibilità, circolarità, nuovi stili di consumo, ambiente e alimentazione. Ancora, energia e consumi, mobilità e città del futuro e più in generale tutti i temi di Corporate social responsabilty.

Un’iniziativa inserita anche nei percorsi di educazione civica voluti dal ministero Social to School si sviluppa all’interno di un percorso più ampio, sempre realizzato da Humans to Humans, per promuovere lo studio dell’educazione civica a scuola. Il ministero dell’Istruzione, infatti, ha introdotto nell’anno scolastico 2020/21 un percorso di Educazione civica di 33 ore incentrato sui temi di sostenibilità, digitalizzazione e conoscenza della costituzione. Humans to Humans vuole supportare dirigenti e docenti nella realizzazione di questo percorso attraverso lezioni digitali e progetti realizzati in sinergia con il mondo delle aziende, come Social to School, che hanno contenuti di valore su questi temi da trasferire alle nuove generazioni.

«Abbiamo creato Social to School per offrire a studenti e personale scolastico un nuovo modo di fare lezione e di imparare, attraverso un programma costruito ad hoc per far risaltare i contenuti di valore che le aziende intendono trasferire ai giovani – raccontano Elena Galletti e Valentino Magliaro, i due founder di Humans to Humans – La cosa bella è che creators e manager aziendali diventano i protagonisti degli incontri organizzati nelle scuole scelte per il progetto. I manager delle aziende, infatti, insieme agli Influencers avranno modo di incontrare gli studenti attraverso eventi in presenza o lezioni digitali che diventeranno a loro volta una risorsa educativa messa a disposizione per la formazione a distanza».

Scuola e disabilità, nessun aiuto al sostegno: il sistema di inclusione è al collasso

da la Repubblica

Andrea Gavosto

Durante il lungo lockdown scolastico, gli alunni con disabilità sono stati fra quelli che hanno sofferto di più: le pratiche inclusive, infatti, mal si adattano all’insegnamento a distanza. Per aiutare le scuole a fare inclusione anche nell’emergenza, Fondazione Agnelli, Gedi, Google e le università di Bolzano, Trento e Lumsa hanno dato vita a “Oltre le Distanze”, un programma di formazione online, che si conclude oggi con l’ultimo webinar su Rep Tv. La partecipazione di migliaia di insegnanti ed educatori ai webinar e gruppi di lavoro è stato un bel segnale, che dimostra la generosità e la sete di formazione che animano gran parte della scuola. Ci saremmo aspettati che, alla ripresa delle scuole, la tutela di questi ragazzi fosse una priorità nelle scelte del ministero e dei sindacati. Al contrario, l’enorme ritardo nelle nomine degli insegnanti di sostegno e la difficoltà ancora più grande a trovarne di qualificati sono indizi allarmanti di una situazione critica: il sistema di inclusione scolastica rischia ormai il collasso.

Anche stavolta il Covid c’entra poco, se non perché contribuisce a mettere in luce problemi ed errori vecchi di anni. Intendiamoci, nei principi il modello d’inclusione italiano resta all’avanguardia, da quando negli anni Settanta, a differenza degli altri Paesi avanzati, si decise di integrare i ragazzi con handicap nelle classi per valorizzarne le capacità e responsabilizzare i compagni alla realtà della disabilità. Sono le pratiche a non funzionare più, quasi negando i principi. In particolare, non funziona più l’abitudine radicata — con eccezioni nell’infanzia e nelle primarie — a delegare al solo insegnante di sostegno la responsabilità dell’allievo con disabilità, quasi che il suo compito fosse di togliere un impiccio ai colleghi che insegnano le materie. Estremizzo, naturalmente. Però, come negare quanto sia ancora frequente vedere il docente uscire fuori di classe con il “proprio” allievo? Le stesse famiglie con figli disabili sembrano assuefatte all’idea del sostegno come unica ciambella di salvataggio a cui aggrapparsi.

Questo meccanismo, in sé comunque sbagliato, si è inceppato, perché — con la crescita delle disabilità certificate — sono enormemente aumentati i posti di sostegno: quest’anno potrebbero arrivare a 170mila, circa un quinto dell’intero corpo docente. La crescita del numero — alla lunga, insostenibile — sembra ormai del tutto scissa dalla qualità: le università, che dovrebbero occuparsi della specifica formazione di questi insegnanti, non riescono o non vogliono più farlo. Ciò spiega perché più di un terzo dei docenti di sostegno non sia qualificato, secondo l’Istat. Vengono nominati tardi e sanno fare poco. Tutto ciò non è coerente con i principi dell’inclusione, che richiedono — ma l’abbiamo scordato — il completo coinvolgimento di tutti i docenti della classe. Quando è stato fatto, come in una recente sperimentazione in Trentino, i risultati sono stati incoraggianti, con benefici per gli allievi disabili, ma — va sottolineato — anche per i compagni di classe.

Noi guardiamo con favore a un modello dove un minor numero insegnanti di sostegno, tutti però altamente qualificati, sappia guidare e coinvolgere in nuove pratiche inclusive i colleghi curriculari, a loro volta responsabilizzati, incentivati e adeguatamente formati. Che inclusione e riforma del sistema di formazione dei docenti siano temi scelti per Next Generation EU fa pensare che i tempi siano giusti. Politica, scuola e famiglie devono però convincersi che il modello fondato sul solo docente di sostegno non funziona più. Né è l’unico possibile.
L’autore è il direttore della Fondazione Agnelli

La scuola alla prova dei test rapidi Arcuri fa bando di 5 mln ma per tutti

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

I test rapidi entreranno a scuola. Il ministero della salute ha dato il via libera all’uso di quelli antigenici attualmente utilizzati in aeroporti e porti. Intanto la ministra Azzolina ieri ha annunciato i numeri dei contagi finora registrati: docenti 0,047%, Ata 0,059%, Studenti 0,021%. Numeri ancora contenuti, ma da monitorare per la curva in crescita. Poter avere una diagnosi accelerata dei casi Covid-19, differenziando tra sindrome influenzale e malattia da Sars-CoV2, diventa a questo punto fondamentale anche per consentire la decisione in tempi brevi se applicare o meno la quarantena alla classe e alle famiglie.

Il Cts ha riconosciuto che i test rapidi antigenici hanno una attendibilità sufficientemente elevata per essere impiegati in questi contesti. Tuttavia, «in caso di sospetto diagnostico, ovvero in caso di esposizione al rischio del personale scolastico o degli alunni, ove sussistano i presupposti sopra indicati, si può, pertanto, ricorrere anche al test antigenico rapido», sottolinea Giovanni Rezza, direttore generale del ministero. Al contrario, i test salivari, antigenici e molecolari, «allo stato attuale delle conoscenze, difficilmente si prestano allo screening rapido di numerose persone, in quanto richiedono un laboratorio attrezzato», unica condizione questa perché la loro sensibilità sia simile a quella dei test antigenici rapidi.

Appena pubblicata l’ordinanza, il commissario straordinario all’emergenza Covid Domenico Arcuri ha avviato la richiesta pubblica di offerta per la fornitura di 5 milioni di test rapidi destinati «alla rilevazione qualitativa di antigeni specifici di Sars-CoV2 presenti su tampone nasofaringeo o campione salivare», da presentare entro giovedì 8 ottobre. Dunque, test anche salivari. Non solo. Questa quantità non servirà solo per le scuole. «Il nostro obiettivo», spiega Arcuri, «è quello di soddisfare i fabbisogni connessi ai movimenti internazionali di passeggeri da zone ad alto contagio e alle necessità derivanti dalla riapertura delle scuole». Mentre l’istituto malattie infettive Spallanzani di Roma ha subito annunciato di aver validato proprio un test salivare antigenico, che, illustra il direttore Francesco Vaia, «si differenzia dal tampone nasofaringeo perché meno invasivo e anche il bambino piccolo può farlo. Alla sospetta positività segue la conferma con il test molecolare ma non va rifatto un altro prelievo del campione con il tampone ma si usa il precedente». Vaia, infatti, conferma la validità del test rapido per l’attività di screening.

Nel Lazio partirà domani il progetto pilota con test rapido salivare nelle materne, elementari e medie «per testare sul campo con il consenso informato dei genitori». Mentre per gli studenti delle superiori, dai 14 anni, si continuerà a utilizzare il test antigenico rapido e il prelievo naso-faringeo, come si sta già facendo. «Sul fronte dei test rapidi a scuola si stanno orientando da settimane alcune regioni: Lazio e Veneto, ma anche Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Friuli Venezia Giulia. Con bandi di gara d’acquisto per kit di tamponi rapidi antigenici. Dai 2 milioni per il Veneto a 1,2 milioni per la Lombardia, ai 2 mln per l’Emilia Romagna.

I sindacati scrivono ai parlamentari: sospendete il concorso

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Sospendere le prove del concorso straordinario e rivedere il sistema di reclutamento dei docenti prevedendo concorsi per titoli e con prova orale finale per stabilizzare i precari. A chiederlo, con una lettera rivolta a tutti i parlamentari, sono i 5 segretari generali dei sindacati firmatari del contratto di lavoro: Francesco Sinopoli (Flc-Cgil), Maddalena Gissi (Cisl scuola), Pino Turi (Uil scuola), Elvira Serafini (Snals), Rino Di Meglio (Gilda Unams). La richiesta muove dalla constatazione della indisponibilità al dialogo con le parti sociali più volte manifestata dalla ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina. Di qui la necessità di investire della questione il parlamento nella sua interezza, compresi deputati e senatori dei partiti di opposizione. La missiva richiama l’attenzione di senatori e deputati sul tema delle prove relative alla procedura concorsuale straordinaria per docenti di scuola secondaria che dovrebbero svolgersi dal 22 ottobre al 16 novembre. Le prove, spiegano i sindacati firmatari, riguardano 66.072 docenti precari con almeno tre anni di esperienza nella scuola, la maggior parte dei quali già in servizio o in procinto di ricevere un incarico di supplenza.

L’esigenza del concorso straordinario nasce, quindi, per sanare una condizione di abuso dei contratti a termine nella scuola ampiamente nota e in evidente contrasto con indicazioni e sentenze in ambito comunitario. Alla base, una carenza di aspiranti nelle graduatorie da cui si dovrebbe attingere per le assunzioni in ruolo, e che trova conferma nei dati sulle immissioni in ruolo di quest’anno, con oltre 60 mila posti non assegnati sui quasi 85 mila disponibili. Vi era dunque una cogente necessità di avviare adeguate procedure per assumere e stabilizzare i precari, argomentano i sindacati, ma è altrettanto evidente che il rinvio del concorso, da ultimo a causa dell’emergenza pandemica, ha fatto sì che qualsiasi procedura avviata oggi non produca sino all’anno scolastico 2021/22 alcun effetto concreto in termini di copertura stabile dei posti e conseguente garanzia di continuità didattica agli alunni.

Quanto sia difficile in questa fase gestire procedure concorsuali, continuano le sigle, lo dimostra quella tuttora in atto per reclutare i direttori dei servizi generali e amministrativi: pur riguardando un numero contenuto di candidati, dopo un anno non si ancora conclusa e sono ancora in atto le prove. Ma anche l’ultimo concorso straordinario per i docenti, avviato nel 2018, per alcune classi di concorso è ancora non completato. Fare dei concorsi per esami la modalità esclusiva di accesso all’insegnamento si rivela, alla prova dei fatti, secondo i sindacati, una scelta irrealistica e inefficace, rendendo quanto mai necessaria una complessiva revisione del sistema di reclutamento, riconoscendo in modo adeguato il valore dell’esperienza di lavoro maturata dai docenti precari di cui il sistema ha da sempre bisogno per poter funzionare regolarmente.

Avviare in un contesto di emergenza igienico sanitaria lo svolgimento delle prove del concorso straordinario (e a seguire un maxi-concorso con oltre 500 mila candidati) non produce alcun effetto immediato in termini di assunzioni, spiegano Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, mentre espone la scuola e il personale coinvolto a due ordini di rischi: un possibile aumento dei contagi nelle scuole, per effetto della promiscuità tra personale esterno, interno e alunni nella frequenza dei locali scolastici che ospiteranno le prove e la possibilità che molti precari, trovandosi eventualmente in situazione di contagio o di quarantena come effetto del lavoro che svolgono e che li espone a tali condizioni, siano esclusi dalla partecipazione al concorso. I casi di positività nella scuola si stanno purtroppo manifestando in molte scuole su tutto il territorio nazionale, diversi lavoratori impegnati in supplenze potrebbero essere coinvolti dalle misure di isolamento e conseguentemente perdere l’opportunità di partecipare a un concorso la cui finalità è proprio quella di sanare l’abuso del lavoro precario nella scuola.

Si tratta di un’evenienza inaccettabile, concludono le organizzazioni sindacali, che vanificherebbe per ragioni certamente non imputabili al personale il lavoro di diversi anni. Vi è poi da chiedersi se sia opportuno sottrarre alle scuole appena ripartite 66 mila docenti per almeno due giorni, con l’incremento che ne discende, inoltre, dei flussi di mobilità sul territorio per quanti potrebbero partecipare alle prove in regione diversa da quella di servizio. Per queste ragioni, Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno chiesto ai parlamentari di prestare ascolto e di farsi portavoce di una diffusa richiesta di sospensione delle prove, a tutela del personale precario della scuola e della salute di tutte le persone coinvolte. Le sigle hanno auspicato, inoltre, che il parlamento possa introdurre per via legislativa una selezione per titoli con prova orale destinata ai precari triennalisti.

La Azzolina tiene fermo il 22/10

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Le prove del concorso straordinario si terranno a partire dal 22 ottobre prossimo fino a metà novembre. E le procedure di reclutamento dei 32mila docenti che risulteranno vincitori dovrebbero concludersi in tempo per l’avvio dell’anno scolastico 2021/22. Lo ha fatto sapere la ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina, rispondendo mercoledì scorso ad una interrogazione parlamentare presentata da Gianluca Vacca, deputato del Movimento 5 stelle (3-01785). All’annuncio della ministra ha fatto seguito l’avviso di pubblicazione del calendario delle prove sul sito del ministero dell’istruzione, incluso nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 29 settembre scorso. Nonostante le richieste del Pd (si veda ItaliaOggi di martedì scorso) perché fossero rinviate almeno fino a dicembre. Richiesta che ha visto l’appoggio anche della Lega. La contrarietà è motivata da ragioni sanitarie, visto il riesplodere dei casi che fa dire al Pd ( e ai sindacati) che sarebbe poco sicuro far svolgere la prova a cui si sono iscritti 64 mila candidati.

L’avviso in G.U. reca anche alcune informazioni su come sarà organizzato il concorso. In caso di esiguo numero dei posti conferibili in una data regione, l’ufficio scolastico regionale individuato quale responsabile dello svolgimento dell’intera procedura concorsuale, provvederà all’approvazione delle graduatorie di merito sia della propria regione che delle ulteriori regioni aggregate. Pertanto, i candidati che avranno presentato domanda per le regioni per le quali è disposta l’aggregazione territoriale delle prove, espleteranno le prove concorsuali nella regione individuata quale responsabile della procedura concorsuale.

L’elenco delle sedi d’esame, con la loro esatta ubicazione, con l’indicazione della destinazione dei candidati, sarà comunicato dagli uffici scolastici regionali responsabili della procedura almeno 15 giorni prima della data di svolgimento delle prove tramite un avviso pubblicato nei rispettivi albi e siti internet. L’avviso avrà valore di notifica a tutti gli effetti. I candidati che non avranno ricevuto una comunicazione di esclusione dalla procedura saranno tenuti a presentarsi per sostenere la prova scritta, muniti di un documento di riconoscimento in corso di validità, del codice fiscale, della ricevuta di versamento del contributo di segreteria e di quanto prescritto dal protocollo di sicurezza che sarà pubblicato sul sito del ministero dell’istruzione. La prova scritta avrà la durata di 150 minuti, fermi restando gli eventuali tempi aggiuntivi previsti dall’articolo 20 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 per i candidati portatori di handicap.

Alle selezioni potranno partecipare i candidati in grado di vantare almeno 3 anni di servizio prestato nel periodo che va dall’anno scolastico 2008/2009 al 2019/2020. Almeno uno di questi tre anni, però, dovrà essere stato prestato nella classe di concorso a cui si riferisce la selezione alla quale si partecipa. Per essere considerato valido, l’anno di servizio dovrà essere stato prestato, anche frazionatamente, per almeno 180 giorni o, in mancanza, dovrà essere stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino agli scrutini finali.

Fermo restando il previo possesso dei titoli di studio di accesso alle classi di concorso e anche del diploma di specializzazione per il sostegno, i vincitori del concorso, se non in possesso dei 24 Cfu (si veda l’articolo 3, comma 3, del decreto ministeriale 626/17) durante l’anno di prova frequenteranno appositi corsi per conseguirli a spese dell’amministrazione. I posti messi a concorso sono stati incrementati di 8mila unità per effetto di una previsione contenuta nell’articolo 230 del decreto-legge 34/2020. Pertanto passano da 24 mila a 32 mila cattedre. Ogni ulteriore informazione e documentazione inerente alla procedura concorsuale è disponibile all’indirizzo https://www.miur.gov.it/web/guest/procedura-straordinaria-per-immissione-in-ruolo-scuola-secondaria

Stop agli scioperi «vacanzieri»

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Statistiche di adesione agli scioperi suddivisi per sigle sindacali a disposizione dei genitori e franchigia di 5 giorni in coincidenza dell’inizio delle lezioni e delle vacanze. Stop, per il momento, alla precettazione dei docenti. Si va verso un accordo in due tempi tra Aran e sindacati sulla delicata materia dei servizi minimi da garantire in caso di sciopero. Il 29 settembre scorso le parti si sono incontrate ed è stato raggiunto un primo assenso su due questioni importanti. La prima riguarda le statistiche di adesione agli scioperi.

Il ministero dell’istruzione, infatti, ha predisposto un’applicazione con la quale le scuole dovranno rilevare i dati delle adesioni e inserirle in una piattaforma informatica appositamente predisposta. Questi nuovi dati, insieme a quelli già disponibili, che riguardano la serie storica delle adesioni, saranno messi a disposizione dei genitori. E ciò servirà a conoscere in anticipo le probabilità di adesione alle agitazioni di volta in volta proclamate dalle varie organizzazioni sindacali.

La seconda riguarda la cosiddetta franchigia di 5 giorni. In pratica la novità consisterebbe nella sospensione del diritto di sciopero 5 giorni dopo l’inizio delle lezioni e 5 giorni prima e dopo le vacanze. La questione della precettazione dei docenti in caso di sciopero dovrebbe, invece, rimanere sospesa.

La sospensione deriverebbe dalla necessità di verificare sul campo, tramite la nuova piattaforma di rilevazione predisposta dal ministero dell’istruzione, quale sia il tasso effettivo di adesioni agli scioperi. Così da verificare con dati certi se la precettazione sia necessaria oppure no. La proposta di un accordo in due tempi è stata avanzata dall’Aran in premessa alla riunione di martedì scorso. Ed ha ottenuto il sostanziale assenso di tutte le sigle sindacali presenti al tavolo. Si è trattato, però, di una proposta interlocutoria. Perché il via libera definitivo potrà essere dato solo dalla commissione di garanzia.

L’Aran, infatti, agisce su mandato della commissione. Sciogliere la riserva, quindi, spetta a quest’ultima.

Resta il fatto, però, che tutte le organizzazioni sindacali presenti al tavolo si sono espresse coralmente contro l’ipotesi di precettazione dei docenti avanzata dalla commissione tramite l’Aran.

Pertanto, qualora la commissione dovesse respingere la proposta di mediazione elaborata dall’Aran, non vi sarebbero ulteriori margini negoziali.

Lockdown, prof non licenziabili

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

I docenti e gli Ata anti-Covid non saranno licenziati in caso di lockdown: se le scuole chiuderanno, lavoreranno a distanza. E le valutazioni degli alunni di scuola primaria saranno espresse con giudizi descrittivi sia nella fase intermedia che nella fase finale. Lo prevede l’emendamento 32.9 (testo 2), prima firmataria Loredana De Petris, senatrice di Liberi e Uguali, approvato la settimana scorsa durante l’esame in senato della legge di conversione del decreto agosto.

L’emendamento sana la questione del licenziamento per giusta causa in caso di lockdown previsto per i docenti e gli Ata anti-Covid, che i dirigenti scolastici stanno assumendo per fare fronte all’emergenza sanitaria in atto. Tale previsione, peraltro, non è contenuta nel decreto agosto, ma nell’articolo 231-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, al quale è stata data attuazione con l’ordinanza 83/2020 (si veda l’articolo 3, comma 2). Il testo attualmente vigente dell’articolo 231-bis dispone che: «In caso di sospensione dell’attività in presenza, i relativi contratti di lavoro si intendono risolti per giusta causa, senza diritto ad alcun indennizzo». L’emendamento approvato dal senato prevede, invece, la sostituzione di questa norma con la seguente: « In caso di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica il personale di cui al periodo precedente assicura le prestazioni con le modalità del lavoro agile».

L’emendamento integra anche un’altra norma, l’articolo 32 del decreto agosto, il quale prevede l’esclusione dei docenti e degli Ata dall’applicazione delle norme sul lavoro agile. Tale esclusione si applicherà« tranne che nei casi di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica». L’emendamento rimuove un vero e proprio errore contenuto nell’articolo 231-bis.

La giusta causa di licenziamento, infatti, secondo l’insegnamento della Suprema corte, costituisce la più grave delle sanzioni applicabili al lavoratore e può considerarsi legittimo solo quando la mancanza di cui il dipendente si è reso responsabile rivesta una gravità tale che qualsiasi altra sanzione risulti insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro (Cassazione 27/10/95 n. 11163, pres. Pontrandolfi, est. Giannantonio). Vale a dire nei casi in cui la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro avviene all’esito di un procedimento disciplinare. E cioè quando l’inadempimento degli obblighi di fonte contrattuale in capo al docente sono talmente gravi da far cessare totalmente e senza rimedio il necessario rapporto fiduciario tra l’amministrazione e il docente interessato. Situazione che si verifica, sempre secondo la Cassazione, solo nel caso in cui i fatti di cui si sia reso colpevole il docente risultino connotati «per il loro grave disvalore disciplinare morale e sociale» (sentenza n. 209 del 9/1/2017).

Va detto, inoltre, che il licenziamento per giusta causa preclude al licenziato anche la possibilità di stipulare ulteriori contratti di lavoro con la pubblica amministrazione, proprio in forza della cessazione del rapporto fiduciario. Caso limite: l’insegnante pedofilo condannato in via definitiva per violenza sessuale su alunni. Tant’è che le domande di partecipazione ai concorsi e, da ultimo, di inclusione nelle Gps, recano, quale requisito indefettibile dell’istante, la previa dichiarazione «di non essere stato licenziato per giusta causa o giustificato motivo soggettivo ovvero di non essere incorso nella sanzione disciplinare dell’esclusione definitiva dall’insegnamento».

Resta il fatto, però, che l’ordinanza 83/2020 dispone l’obbligo di apporre al contratto individuale di lavoro del lavoratore anti-Covid una clausola risolutiva espressa che prevede il licenziamento per giusta causa in caso di lockdown. E fino a quando la legge di conversione non sarà approvata in via definitiva e pubblicata in Gazzetta Ufficiale, le vecchie norme rimarranno in vigore.

In via meramente astratta sarebbe anche possibile che la camera non approvi la legge di conversione nello stesso testo approvato dal senato. Ma in genere ciò non avviene. La prassi, specie per i disegni di legge di conversione dei decreti -legge, prevede che le modifiche possano essere apportate solo da senato in prima lettura. Ciò perché la ristrettezza dei tempi di approvazione non consentirebbe una seconda lettura da parte del senato in caso di modifiche apportate dalla camera.

L’emendamento estende anche alla valutazione intermedia nelle scuole elementari l’obbligo di sostituire il voto numerico con il giudizio descrittivo.

La legge 41/2020 ha previsto l’abolizione del voto numerico nella scuola primaria, ma l’intervento della norma è circoscritto alla valutazione finale degli alunni, questo introduceva il rischio di un impianto normativo a doppia modalità. L’emendamento approvato elimina questa disomogeneità.

Organico Covid, conti sbagliati

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi e Marco Nobilio

L’organico Covid non sono posti ma soldi. Con i fondi messi a disposizione, il governo ha annunciato migliaia di assunzioni: tra le 40 e 50 mila unità di insegnanti in più e circa 20mila ausiliari e amministrativi per fronteggiare il sopraggiunto fabbisogno di personale causato dalle nuove misure per il distanziamento a scuola. Ci sono classi da sdoppiare, ingressi scaglionati degli studenti su cui vigilare, soprattutto nella scuola dell’infanzia e alle elementari, ma anche segreterie da rafforzare. Le coperte finanziarie però a volte sono troppo corte rispetto alle unità potenziali di dipendenti che sono state richieste e sulla carta autorizzate. A denunciarlo molti presidi e anche sindacati come la Flc-Cgil che parla di conti sbagliati: nel calcolare il costo di un docente il governo non ha tenuto conto delle ferie, degli assegni familiari e neppure delle malattie. Voci che sono tutte a carico della singola scuola che chiama il supplente. Per cui se il primo supplente in graduatoria va in malattia o in maternità, la scuola dovrà pagare i relativi stipendi. Ma non potrà sostituire le unità, visto che il fondo per le sostituzioni è di appena il 10%. Situazione che sta creando notevoli difficoltà. A prendere la situazione di petto è stata la direzione regionale del Piemonte. Il direttore generale dell’ufficio scolastico regionale per il Piemonte, Fabrizio Manca, in una nota inviata ai dirigenti scolastici e degli ambiti territoriali della regione (11306/2020). Manca ha anche minacciato sanzioni per i dirigenti che non rispetteranno il budget assegnato sia per quanto riguarda l’organico Covid che per i fondi assegnati per le sostituzioni del personale assente. La nota vincola solo le scuole e gli ambiti territoriali del Piemonte. Ma reca comunque informazioni che mettono in luce la questione principale: l’insieme dei docenti e degli Ata anti-Covid-19 non costituiscono un organico aggiuntivo. Una situazione che anche in altre regioni sta mandando gambe all’aria l’organizzazione ordinaria della didattica a tempo pieno.

Se il dirigente scolastico dovesse assumere una docente in maternità o un collaboratore scolastico che, per esempio, dovesse essere dichiarato temporaneamente inidoneo, non avrebbe fondi a sufficienza per sostituirli. Salvo gli esigui fondi per le sostituzioni, pari al 10% del budget assegnato, il cui sforamento comporterebbe la responsabilità per danno erariale e probabili sanzioni disciplinari a carico dei dirigenti scolastici.

Il direttore generale del Piemonte ha ricordato, inoltre, che le assunzioni devono essere disposte dai dirigenti scolastici scorrendo le graduatorie di istituto con contratti di supplenza temporanea. E cioè fino al termine delle lezioni e non fino al termine delle attività didattiche.

Soltanto per le insegnanti anti-Covid dell’infanzia, quindi, i contratti recheranno il termine del 30 giugno: per tutti gli altri, il termine finale dovrà coincidere con l’ultimo giorno di scuola. Secondo Manca, la particolare specialità delle norme sul personale anti-Covid sottrae i relativi posti e cattedre alla mobilità, preclude la possibilità di utilizzarne i fondi per retribuire lo straordinario e rende inutili le cattedre e i posti per il completamento. Va detto subito che, per quanto riguarda il completamento, si tratta di un’interpretazione unilaterale, che vincola solo il Piemonte e che, peraltro, non ha un consenso generale.

Le supplenze anti-Covid, infatti, sebbene regolate da norme speciali, per quanto riguarda i criteri di individuazione degli aventi titolo e la qualificazione generale dei contratti individuali di lavoro, non si discostano sul piano sostanziale e procedurale dalla disciplina regolamentare e contrattuale previgente. In buona sostanza, dunque, si tratta di supplenti assunti tramite lo scorrimento delle graduatorie di istituto con contratti di supplenza temporanea. Che si discostano dagli analoghi contratti solo per l’apposizione di una clausola risolutiva espressa (licenziamento in caso di lockdown, che ora il senato sta provando a eliminare).

Pertanto, è ragionevole ritenere che qualora il dirigente scolastico dovesse individuare quale avente titolo a ricevere la proposta di assunzione su cattedra o posto anti-Covid uno spezzonista, avrebbe comunque il dovere di attribuirgli il completamento, anche frazionando la cattedra o il posto. Così come previsto dall’articolo 4, comma 1, del decreto 131/2007 e dall’articolo 40, ultimo comma, del contratto. L’articolo 40, peraltro, è stato fatto oggetto di un’interpretazione da parte della Suprema corte che, nella sentenza 24214/2017 ha enunciato il seguente principio: «L’articolo 40, comma 7, del contratto collettivo nazionale di lavoro comparto scuola 2006/2007, nel prevedere che il personale docente con rapporto a tempo determinato e con orario settimanale inferiore alla cattedra oraria ha diritto, in presenza della disponibilità delle relative ore, al completamento o, comunque, all’elevazione del medesimo orario settimanale va coordinato con le regole che, all’interno dell’ordinamento scolastico , presiedono alla programmazione dell’offerta formativa e non impone alcun adattamento in ragione del completamento dell’orario di un docente supplente».

In altre parole, la Cassazione ha spiegato che l’articolo 40, comma 7, del vigente contratto di lavoro non prevede un diritto incondizionato al completamento o, comunque, all’elevazione dell’orario settimanale. La clausola negoziale, infatti, vincola la possibilità di fruire del diritto al completamento alla presenza della disponibilità delle relative ore. Va detto subito che, nella prassi, per «disponibilità» si intende l’esistenza di ore non coperte da un docente a tempo indeterminato o determinato. Senza alludere alla ulteriore condizione che le disponibilità risultino in una collocazione oraria tale da consentirne l’incastro con lo spezzone di titolarità del docente precario avente titolo a ricevere la proposta di assunzione sull’ulteriore spezzone di completamento. Ma la Corte di cassazione ha ritenuto di assumere.

Gestione delle operazioni di pulizia, disinfezione e sanificazione delle scuole. Documento INAIL

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

L’ufficio scolastico regionale della Sicilia, in collaborazione con l’Inail ha realizzato un documento per la gestione delle operazioni di pulizia, disinfezione e sanificazione delle scuole.

Reso disponibile un ulteriore aggiornamento del documento utile per le scuole.

CLICCA QUI per scaricare la pubblicazione

Una corretta igiene e disinfezione dei locali scolastici o degli ambienti in cui è prevista la presenza di molte persone costituisce un buon punto di partenza alla lotta alle infezioni e ai contagi in qualsiasi tempo. Nell’ordinarietà le operazioni di pulizia possono essere ordinarie o straordinarie.

Per pulizie ordinarie si intendono quelle atte a mantenere un livello di igiene dei locali e delle attrezzature ed è necessario ripeterle a cadenza fissa: giornaliera, settimanale, bisettimanale o mensile.

Per attività straordinarie di pulizia si intendono, invece, quelle che, seppur programmate, si verificano a cadenze temporali più dilazionate nel tempo (trimestrale, quadrimestrale, semestrale o annuale).

Costituisce attività straordinaria di pulizia quella effettuata in seguito ad eventi determinati, ma non prevedibili.

La pulizia delle superfici e degli ambienti è l’azione preliminare da effettuare e indispensabile per una eventuale successiva disinfezione.

La disinfezione non risulta efficace se attuata su superfici non precedentemente pulite.

Le operazioni di pulizia tipologicamente sono inquadrate come:

– pulizie ordinarie: comprendono attività di pulizia di carattere continuativo e programmato, solitamente con frequenza giornaliera;

– pulizie periodiche: comprendo attività di pulizia più profonda a periodicità più lunga da svolgersi con frequenze prestabilite;

– pulizie straordinarie: comprendono interventi imprevedibili richiesti per esigenze occasionali o emergenziali; dopo un’adeguata valutazione dei rischi, la programmazione deve essere rivista, anche in base alla destinazione d’uso dell’ambiente stesso e dei flussi di persone.

Le operazioni di pulizia devono essere condotte possibilmente negli orari, nei periodi e nei luoghi in cui non sono presenti persone in modo da non creare interferenze o rischi rispetto alla normale attività scolastica.

Per la pulizia degli ambienti si ritengono indispensabili le seguenti attrezzature:

– Panni-spugna differenziati per codice colore e teli monouso per la spolveratura (si sconsigliano le normali spugne perché facilmente inquinabili).
– Scope trapezoidali e scope tradizionali.
– Asta pulivetro, vello lavavetro.
– Sistema MOP. Si sottolinea la necessità di utilizzare più sistemi MOP in base alle zone da
pulire: uno per i servizi igienici, uno per gli ambienti didattici in genere (sezioni, aule, palestre,
laboratori, ecc.) e uno per la cucina e il locale refezione.
– Sistema MOP con serbatoio per autocaricamento;
– Dispositivi di protezione individuale (camice, guanti, scarpe antiscivolo).
– Macchina lava – asciuga pavimenti, ove possibile.
– Aspirapolvere, ove necessaria.
– Soffiatore, aspiratore, trituratore foglie.
– Lavatrice (ove possibile).

Tutto il materiale per la pulizia deve essere regolarmente pulito dopo l’uso in quanto spugne, stracci, telini possono essere importante veicolo di contagio di infezioni o patologie; ove possibile si consiglia l’uso di materiale monouso.

Affinché le attività di pulizia, disinfezione e sanificazione possano essere effettuate correttamente ed efficacemente e secondo una programmazione ben predefinita, è necessario definire prima di tutto compiti, responsabilità e istruzioni operative.

Ciò è necessario al fine di fornire indicazioni sugli interventi mirati a prevenire infezioni, contagi o contatti con sostanze allergizzanti da parte del personale, dei docenti, degli studenti e delle persone presenti.

Come sanificare e pulire una scuola, una guida Inail