Privacy a scuola, le FAQ del Garante sul trattamento dei dati in periodo di emergenza

da La Tecnica della Scuola

Il trattamento dei dati da parte dei datori di lavoro e delle scuole è da sempre un ambito di non facile gestione e in un momento complesso come quello che stiamo vivendo lo è ancora di più.

Per questa ragione, il Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto con apposite FAQ, per rispondere ad alcuni dubbi frequenti.

1) Le scuole sono tenute ad acquisire il consenso di alunni, genitori e insegnanti per attivare la didattica a distanza?

No. Gli istituti scolastici possono trattare i dati, anche relativi a categorie particolari di insegnanti, alunni (anche minorenni), e genitori nell’ambito delle proprie finalità istituzionali e non devono chiedere agli interessati di prestare il consenso al trattamento dei propri dati, neanche in relazione alla didattica a distanza, attivata a seguito della sospensione delle attività formative delle scuole di ogni ordine e grado. Peraltro, il consenso di regola non costituisce una base giuridica idonea per il trattamento dei dati in ambito pubblico e nel contesto del rapporto di lavoro.

N.B. per categorie particolari si intendono i dati che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, nonché dati genetici, biometrici, relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale.

2) Gli Istituti scolastici devono informare gli interessati in merito ai trattamenti dei dati personali effettuati nelle attività di didattica a distanza?

Sì. Gli istituti scolastici sono tenuti ad assicurare la trasparenza del trattamento informando, con un linguaggio facilmente comprensibile anche dai minori, gli interessati (alunni, studenti, genitori e docenti) in merito, in particolare, ai tipi di dati e alle modalità di trattamento degli stessi, ai tempi di conservazione e alle altre operazioni di trattamento, specificando che le finalità perseguite sono limitate esclusivamente all’erogazione della didattica a distanza, sulla base dei medesimi presupposti e con garanzie analoghe a quelli della didattica tradizionale.

3) La scuola può comunicare alle famiglie degli alunni l’identità dei parenti di studenti risultati positivi al COVID 19?

Spetta alle autorità sanitarie competenti informare i contatti stretti del contagiato, al fine di attivare le previste misure di profilassi. L’istituto scolastico è tenuto a fornire alle istituzioni competenti, le informazioni necessarie, affinché le stesse possano ricostruire la filiera dei contatti del contagiato, nonché, sotto altro profilo, ad attivare le misure di sanificazione recentemente disposte.

4) Le scuole possono svolgere riunioni dei docenti in video conferenza?

Per effetto della sospensione dell’attività didattica e delle riunioni degli organi collegiali in presenza, sono state attivate modalità di didattica a distanza e il ricorso al lavoro agile con riguardo ai servizi amministrativi. Per le medesime ragioni legate all’emergenza, anche alla luce delle indicazioni del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministero dell’Istruzione, ogni forma di riunione nell’ambito delle attività indifferibili deve essere svolta con modalità telematiche.

Il Garante ha già fornito in proposito alcune indicazioni alle scuole per orientare scelte consapevoli riguardo alle piattaforme da impiegare, sulla base delle garanzie offerte dai fornitori, in considerazione degli specifici rischi anche per i dati personali dei docenti.

Trattamento dei dati nel contesto lavorativo

Oltre che sull’ambito scolastico, il Garante si è espresso anche in merito al trattamento dei dati in contesto lavorativo, publico e privato.

Segnaliamo in particolare le seguenti FAQ:

1) Il datore di lavoro può rilevare la temperatura corporea del personale dipendente o di utenti, fornitori, visitatori e clienti all’ingresso della propria sede?

Nell’attuale situazione legata all’emergenza epidemiologica, si sono susseguiti, in tempi assai ravvicinati, in ragione dell’aggravarsi dello scenario nel contesto nazionale, numerosi interventi normativi e  conseguenti atti di indirizzo emanati dalle istituzioni competenti che, al fine di individuare misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica, hanno stabilito che, i datori di lavoro, le cui attività non sono sospese, sono tenuti a osservare le misure per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica contenute nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro tra Governo e parti sociali del 14 marzo 2020.

In particolare, il citato Protocollo prevede la rilevazione della temperatura corporea del personale dipendente per l’accesso ai locali e alle sedi aziendali, tra le misure per il contrasto alla diffusione del virus che trovano applicazione anche nei confronti di utenti, visitatori e clienti nonché dei fornitori, ove per questi ultimi non sia stata predisposta una modalità di accesso separata (cfr. Protocollo par. 2 e 3 e nota n. 1).

Analoghi protocolli di sicurezza, con riguardo alle attività pubbliche non differibili o ai servizi pubblici essenziali, sono stati stipulati dal Ministro per la pubblica amministrazione con le sigle sindacali maggiormente rappresentative nella pubblica amministrazione (come il Protocollo di accordo per la prevenzione e la sicurezza dei dipendenti pubblici in ordine all’emergenza sanitaria da “Covid-19” del 3 e 8 aprile 2020) in quanto le misure per la sicurezza del settore privato sono state ritenute coerenti con le indicazioni già fornite dallo stesso Ministro con la direttiva n. 2/2020 e con la Circolare n. 2/2020.

In ragione del fatto che la rilevazione in tempo reale della temperatura corporea, quando è associata all’identità dell’interessato, costituisce un trattamento di dati personali (art. 4, par. 1, 2) del Regolamento (UE) 2016/679), non è ammessa la registrazione del dato relativo alla temperatura corporea rilevata, bensì, nel rispetto del principio di “minimizzazione” (art. 5, par.1, lett. c) del Regolamento cit.), è consentita la registrazione della sola circostanza del superamento della soglia stabilita dalla legge e comunque quando sia necessario documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso al luogo di lavoro.

Diversamente nel caso in cui la temperatura corporea venga rilevata a clienti (ad esempio, nell’ambito della grande distribuzione) o visitatori occasionali anche qualora la temperatura risulti superiore alla soglia indicata nelle disposizioni emergenziali non è, di regola, necessario registrare il dato relativo al motivo del diniego di accesso.

2) L’amministrazione o l’impresa possono richiedere ai propri dipendenti di rendere informazioni, anche mediante un’autodichiarazione, in merito all’eventuale esposizione al contagio da COVID 19 quale condizione per l’accesso alla sede di lavoro?

In base alla disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro il dipendente ha uno specifico obbligo di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro (art. 20 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81). Al riguardo la direttiva n.1/2020 del Ministro per la pubblica amministrazione ha specificato che in base a tale obbligo il dipendente pubblico e chi opera a vario titolo presso la P.A. deve segnalare all’amministrazione di provenire (o aver avuto contatti con chi proviene) da un’area a rischio. In tale quadro il datore di lavoro può invitare i propri dipendenti a fare, ove necessario, tali comunicazioni anche mediante canali dedicati.

Tra le misure di prevenzione e contenimento del contagio che i datori di lavoro devono adottare in base al quadro normativo vigente, vi è la preclusione dell’accesso alla sede di lavoro a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS. A tal fine, anche alla luce delle successive disposizioni emanate nell’ambito del contenimento del contagio (v. Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 14 marzo 2020 fra il Governo e le parti sociali), è possibile richiedere una dichiarazione che attesti tali circostanze anche a terzi (es. visitatori e utenti).

In ogni caso dovranno essere raccolti solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da Covid-19, e astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alla persona risultata positiva, alle specifiche località visitate o altri dettagli relativi alla sfera privata.

3) È possibile pubblicare sul sito istituzionale i contatti dei funzionari competenti per consentire al pubblico di prenotare servizi, prestazioni o appuntamenti presso le amministrazioni nella attuale emergenza epidemiologica?

Le disposizioni normative per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica e le indicazioni operative fornite dalle istituzioni competenti impongono di limitare la presenza del personale negli uffici mediante, prevalentemente, il ricorso al lavoro agile. Con riguardo ai compiti che richiedono la necessaria presenza sul luogo di lavoro, è previsto che le amministrazioni svolgano le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza e quelle “indifferibili”, anche con riguardo “all’utenza esterna”. Pertanto, le attività di ricevimento o di erogazione diretta dei servizi al pubblico devono essere garantite con modalità telematica o comunque con modalità tali da escludere o limitare la presenza fisica negli uffici (ad es. appuntamento telefonico o assistenza virtuale), ovvero, predisponendo accessi scaglionati, anche mediante prenotazioni di appuntamenti.

Nel rispetto dei principi di protezione dei dati (art. 5 Regolamento UE 2016/679) la finalità di fornire agli utenti recapiti utili a cui rivolgersi per assistenza o per essere ricevuti presso gli uffici, può essere utilmente perseguita pubblicando i soli recapiti delle unità organizzative competenti (numero di telefono e indirizzo PEC) e non quelli dei singoli funzionari preposti agli uffici. Ciò, anche in conformità agli obblighi di pubblicazione concernenti l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni.

4) Quali trattamenti di dati personali sul luogo di lavoro coinvolgono il medico competente?

In capo al medico competente permane, anche nell’emergenza, il divieto di informare il datore di lavoro circa le specifiche patologie occorse ai lavoratori.

Nel contesto dell’emergenza gli adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori da parte del medico competente, tra cui rientra anche la possibilità di sottoporre i lavoratori a visite straordinarie, tenuto conto della maggiore esposizione al rischio di contagio degli stessi, si configurano come vera e propria misura di prevenzione di carattere generale, e devono essere effettuati nel rispetto dei principi di protezione dei dati personali e rispettando le misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute (cfr. anche Protocollo condiviso del 14 marzo 2020).

Nell’ambito dell’emergenza, il medico competente collabora con il datore di lavoro e le RLS/RLST al fine di proporre tutte le misure di regolamentazione legate al Covid-19 e, nello svolgimento dei propri compiti di sorveglianza sanitaria, segnala al datore di lavoro “situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti” (cfr. paragrafo 12 del predetto Protocollo).

Ciò significa che, nel rispetto di quanto previsto dalle disposizioni di settore in materia di sorveglianza sanitaria e da quelle di protezione dei dati personali, il medico competente provvede a segnalare al datore di lavoro quei casi specifici in cui reputi che la particolare condizione di fragilità connessa anche allo stato di salute del dipendente ne suggerisca l’impiego in ambiti meno esposti al rischio di infezione. A tal fine, non è invece necessario comunicare al datore di lavoro la specifica patologia eventualmente sofferta dal lavoratore.

In tale quadro il datore di lavoro può trattare, nel rispetto dei principi di protezione dei dati (v. art. 5 Regolamento UE 2016/679), i dati personali dei dipendenti solo se sia normativamente previsto o disposto dagli organi competenti ovvero su specifica segnalazione del medico competente, nello svolgimento dei propri compiti di sorveglianza sanitaria.

5) Il datore di lavoro può comunicare al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza l’identità dei dipendenti contagiati?

I datori di lavoro, nell’ambito dell’adozione delle misure di protezione e dei propri doveri in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro, non possono comunicare il nome del dipendente o dei dipendenti che hanno contratto il virus a meno che il diritto nazionale lo consenta.

In base al quadro normativo nazionale il datore di lavoro deve comunicare i nominativi del personale contagiato alle autorità sanitarie competenti e collaborare con esse per l’individuazione dei “contatti stretti” al fine di consentire la tempestiva attivazione delle misure di profilassi.

Tale obbligo di comunicazione non è, invece, previsto in favore del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, né i compiti sopra descritti rientrano, in base alle norme di settore, tra le specifiche attribuzioni di quest’ultimo.

Il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza,  proprio nella fase dell’attuale emergenza epidemiologica, dovrà continuare a svolgere i propri compiti consultivi, di verifica e di coordinamento, offrendo la propria collaborazione al medico competente e al datore di lavoro (ad esempio, promuovendo l’individuazione delle misure di prevenzione più idonee a tutelare la salute dei lavoratori nello specifico contesto lavorativo; aggiornando il documento di valutazione dei rischi; verificando l’osservanza dei protocolli interni).

Il Rappresentate dei lavoratori per la sicurezza quando nell’esercizio delle proprie funzioni venga a conoscenza di informazioni- che di regola tratta in forma aggregata ad es. quelle riportate nel documento di valutazione dei rischi- rispetta le disposizioni in materia di protezione dei dati nei casi in cui sia possibile, anche indirettamente, l’identificazione di taluni interessati.

6) Può essere resa nota l’identità del dipendente affetto da Covid-19 agli altri lavoratori da parte del datore di lavoro?

No. In relazione al fine di tutelare la salute degli altri lavoratori, in base a quanto stabilito dalle misure emergenziali, spetta alle autorità sanitarie competenti informare i “contatti stretti” del contagiato, al fine di attivare le previste misure di profilassi.

Il datore di lavoro è, invece, tenuto a fornire alle istituzioni competenti e alle autorità sanitarie le informazioni necessarie, affinché le stesse possano assolvere ai compiti e alle funzioni previste anche dalla normativa d’urgenza adottata in relazione alla predetta situazione emergenziale (cfr. paragrafo 12 del predetto Protocollo).

La comunicazione di informazioni relative alla salute, sia all’esterno che all’interno della struttura organizzativa di appartenenza del dipendente o collaboratore, può avvenire esclusivamente qualora ciò sia previsto da disposizioni normative o disposto dalle autorità competenti in base a poteri normativamente attribuiti (es. esclusivamente per finalità di prevenzione dal contagio da Covid-19 e in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali “contatti stretti di un lavoratore risultato positivo).

Restano ferme le misure che il datore di lavoro deve adottare in caso di presenza di persona affetta da Covid-19, all’interno dei locali dell’azienda o dell’amministrazione, relative alla pulizia e alla sanificazione dei locali stessi, da effettuarsi secondo le indicazioni impartite dal Ministero della salute (v. punto 4 del Protocollo condiviso).

Didattica a distanza, per quasi la metà degli studenti l’insegnamento è peggiorato

da La Tecnica della Scuola

Sebbene il 97,8% degli studenti abbia seguito le lezioni online, solo il 10% crede che questo abbia migliorato la qualità dell’apprendimento mentre per il 42,4% è peggiorata.

Sette ragazzi su 10 ritengono di ricevere un carico maggiore di compiti e il 60% teme che gli insegnanti non riusciranno a concludere il programma entro la fine dell’anno scolastico.

È questa la fotografia scattata da Terre des Hommes e ScuolaZoo attraverso i risultati dell’indagine online “La scuola digitale per la Generazione Z”, a cui hanno partecipato e risposto 5.000 studenti delle scuole secondarie italiane per raccontare l’impatto che l’emergenza Covid-19 sta avendo sugli studenti e quali scenari futuri si aspettano i ragazzi.

Azzolina cambia idea ogni 24 ore, sindacati imbufaliti: per sdoppiare le classi più docenti e 12 miliardi, non annunci

da La Tecnica della Scuola

 

Per garantire il diritto allo studio in questa fase di emergenza e per rilanciare la scuola serve “un punto di Pil da pianificare nel tempo. E per tornare alla didattica in presenza sono necessarie classi con non oltre 13 alunni: per questo serviranno più organici, mense e investimenti. Se già avessimo il tempo scuola della condizione precedente ai tagli Gelmini e Tremonti saremmo già meglio. Il 13 maggio sarà la Giornata straordinaria di assemblee nella scuola”. È nelle parole di Francesco Sinopoli, segretario generale Flc-Cgil, il senso della conferenza stampa dei sindacati del comparto scuola in merito alla Fase 2 del Coronavirus, tenuta in modalità telematica il 4 maggio e alla quale hanno partecipato anche i redattori della Tecnica della Scuola.

Dal ministero tante lacune

I sindacati non si accontentano delle promesse e chiedono “un commissario per decidere e riconoscere le problematiche”.

“Se già nei prossimi provvedimenti ci fossero le prime risorse e poi altre nel Def, avremmo fatto una parte del lavoro che serve”, ha sottolineato Sinopoli.

 

Il suo intervento è stato durissimo, in particolare contro la ministra dell’Istruzione. “Il ministero dell’Istruzione ha condotto questa fase con moltissime lacune e mancanze e ora il ritardo viene riconosciuto in tutto il Paese: la ministra Azzolina cambia posizione ogni 24 ore”, riferendosi quindi al dietrofront sulle classi “miste” a settembre.

“Nessuno si illude che si possa far ripartire la scuola mettendo al centro la didattica in presenza senza un investimento straordinario, l’idea che ce la caviamo tra presenza e distanza nasconde questa mancanza di consapevolezza”, ha detto ancora il leader dei lavoratori della Conoscenza Cgil.

A metà maggio confronto nelle scuole

“Senza un investimento nel tempo non si riescono a soddisfare i bisogni di apprendimento; la scuola deve tornare in presenza. Non c’è un piano concordato, solo interviste della ministra e del presidente della Task force Bianchi. È il momento che si riprenda la parola: non esiste momento che non prevede dissenso”, ha proseguito Sinopoli.

“Abbiamo bisogno di posti stabili già a settembre: questa è la priorità, evitiamo una discussione ideologica, non possiamo riprendere a settembre con 200 mila precari. È il momento per rivedere le scelte sbagliate degli ultimi anni. La gestione della ministra è autoreferenziale e solipsistica, è giunto il momento di riprendere la parola”: per questo i sindacati della scuola, ha concluso Sinopoli, hanno parlato ad una giornata di assemblee in tutto il Paese. La Giornata straordinaria di assemblee nella scuola si terrà il 13 maggio.

Gissi: le uscite di Azzolina ci preoccupano

Diversi numeri sono stati illustrati da Maddalena Gissi segretario Cisl Scuola, che ha parlato di “difficoltà di rapporto con il ministero. Le uscite della ministra ci preoccupano molto. Quanto prefigurato ci fa pensare al Grande fratello con le telecamere nelle aule”.

La sindacalista ha ricordato che il rapporto medio nella scuola dell’infanzia è di 21 alunni per classe, per la primaria supera i 19, nella superiore i 20,55.

I soldi necessari

Solo per sdoppiare le classi di infanzia e primaria con docenti supplenti e collaboratori scolastici, servirebbero oltre tre miliardi e mezzo.

Ma non ci si può fermare al primo ciclo. Servirebbero anche 2 miliardi e mezzo per incrementare gli organici per scuola di secondo grado, dove non sono residuali le classi da circa 30 alunni.

Altri 6 miliardi sono reputati indispensabili dai sindacati maggiori per ristrutturare le scuole.

Quindi, in totale, tra organici da implementare e revisioni edilizie degli edifici scolastici, sarebbero necessari ben 12 miliardi.

Solo per le mascherine 5 milioni al giorno

E non è finita. Perchè Gissi ha anche stimato che in rapporto agli alunni e ai docenti, a settembre, rientrando tutti gli alunni a scuola, per garantire la sicurezza tra guanti, mascherine e dispositivi di sicurezza si spenderebbe ogni giorno 5 milioni e 600 mila euro.I sindacati, dove non possibile approntare altri spazi (ad esempio gli hotel), si sono detti comunque favorevoli per i doppi turni.

“Dobbiamo pensare – ha detto Gissi – alla riapertura delle scuole in modo sostanziale, non legata agli annunci. Siamo stufi di avere notizie con annunci in tv e non poter affrontare le questioni non seduti davanti ad un tavolo”.

Turi: un medico nei presidi scolastici

Secondo Pino Turi, leader della Uil Scuola, “il Ministro ancora un ha un piano: c’è solo l’esclusione del confronto con i sindacati. In tutti i settori sono stati fatti accordi per la sicurezza e non si è sentito il bisogno di farlo per la scuola. Questo approccio burocratico non porta da nessuna parte. La ministra va avanti come se non ci fosse la pandemia che c’è stata. Non c’è visione”.

“Servono più docenti più Ata, più aule. Servirà un medico nei presidi scolastici: serve un piano ma ad oggi non c’è alcuna idea, siamo nella confusione totale. Oggi con il ministero c’è un confronto pari a zero, un rifiuto a confrontarsi; significa che non ci sono idee, si ha paura del confronto. Si è approfittato della debolezza del sindacato che non si può mobilitare per dire tutto e il contrario di tutto: non siamo più disponibili di stare alla finestra a guardare. Inizieremo una campagna di assemblee per dare voce ai lavoratori”.

Maturità in presenza solo a determinate condizioni

Per la maturità in programma dal 17 giugno, i sindacati hanno chiesto un protocollo di sicurezza: altrimenti non c’è alcuna possibilità di fare l’esame in presenza.

Nessuno pensa che si possa procedere senza prevedere distanziamento, sanificazione, sapere con certezza quali sono i dispositivi di sicurezza dovranno essere già predisposti, con un ragionamento nuovo che riguardi il personale Ata”, ha sintetizzato Sinopoli.

I sindacati sono stati convocati dal ministero di viale Trastevere – a quanto si è appreso – per giovedì prossimo per mettere a punto il protocollo sulla sicurezza. “Nelle situazioni in maggiori difficoltà la maturità dovrebbe svolgersi a distanza, è sbagliato imporre soluzioni uniche nazionali”, ha sottolineato Rino Di Meglio, coordinatore della Gilda.

I sindacati all’attacco: “Chiediamo serietà alla ministra Azzolina”. Assemblee il 13 maggio in tutta Italia

da Tuttoscuola

Conferenza stampa dei sindacati scuola in merito alla Fase 2 e non solo. Tanti gli argomenti che sono stati trattati: “Fiduciosi nel dibattito parlamentare, ci sono tanti emendamenti che condividiamo”, afferma Francesco Sinopoli (Flc Cgil), che poi aggiunge: “Bisogna tornare alla didattica in presenza, ma servono classi più piccole, più tempo scuola e investimenti. La scuola ha bisogno almeno di 1% di Pil”.

Assemblee sindacali previste in tutta Italia per il 13 maggio.

Sulla domanda, posta dalla nostra redazione, sulle proposte dei sindacati per la riapertura della scuola, il segretario della Uil Scuola, Pino Turi, afferma: “Abbiamo già fatto le nostre osservazioni, aspettiamo che la ministra lo faccia, il 7 maggio, mi aspetto questo da lei. La ministra, però, non dialoga con nessuno, con noi, con gli enti locali”. Sulla didattica a distanza, invece, Turi è netto: “Solo didattica complementare, sono contrario al pensiero unico su questo argomento. Ci vuole un cambio netto di pensiero. Non si deve scaricare sulle famiglie il peso dell’istruzione”. Sugli esami di maturità, altra domanda posta della nostra redazione: “Ci vogliono garanzie per tutti, non si mandano le persone allo sbaraglio”.

Per la segretaria della Cisl Scuola, Maddalena Gissi, invece, ci vuole “un commissario che si scevro da implicazioni ideologiche. Ci sia qualcuno che abbia le capacità di decidere, ma non parliamo di pieni poteri. Sulla riapertura delle scuole, però, è necessario avere le autorizzazioni dalle autorità nazionali. Occorre un piano strategico, un “Piano Marshall” per la ripresa della scuola. Non c’è un euro nel Def, una cosa abominevole. Sull’esame di maturità non ci sono certezze, vediamo cosa succederà nella fase 2 da qui al 18 maggio”.


INTERVENTI

Maddalena Gissi (Cisl Scuola)“In rapporto agli alunni e ai docenti, a settembre, rientrando tutti gli alunni a scuola, per garantire la sicurezza – tra guanti, mascherine e dispositivi di sicurezza – si spenderebbero ogni giorno 5 milioni e 600 mila euro. Le uscite della ministra ci preoccupano molto. Quanto prefigurato ci fa pensare al Grande fratello con le telecamere nelle aule. Segnalo anche un rapporto con il Ministero con tante difficoltà, arrivano poche notizie. Ci vuole grande responsabilità. La ministra si deve prendere la responsabilità politica di quanto sta accadendo. Sulla didattica a distanza non c’è solo un problema strutturale, non si può fare una scuola a casa”.

Sulle dimissioni della ministra Azzolina, domanda posta dalla nostra redazione, il segretario della Gilda, Rino Di Meglio, smorza i toni: “No, non credo che sia il momento, penso che sia il momento, invece, di investire sia sulla sanità che sulla scuola”. E sulla didattica a distanza afferma: “Sì, alla piattaforma unica di accesso”.

Elvira Serafini (Snals)“Noi non diciamo no a tutto, ma ci sono delle situazioni da analizzare. Come si può pensare oggi ad un concorso straordinario con questa situazione epidemiologica. Chiediamo chiarezza anche sugli organici. Vogliamo serietà dalla ministra Azzolina. La scuola brucia e il Ministero non fa altro che alimentare questo fuoco”.

Pino Turi (Uil Scuola): “Siamo preoccupati per il clima che si sta creando attorno alla scuola. Non si può governare un sistema così complesso solo attraverso le circolari. Per adesso non c’è nessun piano, nessuna richiesta. Confronto con la ministra è pari a zero. Nei prossimi giorni ci sarà un confronto, vedremo cosa succederà”.

Francesco Sinopoli (Flc Cgil)“Lacune e mancanze da parte della ministra Azzolina nella gestione dell’emergenza. Bisogna investire sul tempo scuola”.

Rino Di Meglio (Gilda)“Situazione drammatica, non sappiamo cosa accadrà nei prossimi 15 giorni, c’è poco da aggiungere su questo. Sono stati banditi i concorsi, ma siamo in ritardo per settembre”.

Sindacati contro Azzolina: ‘Sono state prese decisioni senza coinvolgere chi avrebbe potuto aiutare i decisori politici’

da Tuttoscuola

Si è risolta in un coro unanime di critiche al ministro Azzolina la prima videoconferenza stampa online dei cinque sindacati scuola   più rappresentativi – Cisl scuola, Snals, Uil scuola, Flc Cgil e Gilda – i cui segretari generali hanno preso la parola in questo ordine, oggi a mezzogiorno, per fare il punto sui loro rapporti con l’attuale Ministro. Mancava il sesto sindacato rappresentativo, l’Anief, organizzazione della quale l’attuale ministro ha fatto parte in passato, da sempre critico nei confronti degli altri cinque.

Con toni non troppo diversi, forse solo un po’ meno accesi nel caso di Lena Gissi, segretaria della Cisl scuola, i cinque sindacalisti hanno lamentato di essere stati ignorati dal ministro e dal ministero (è stato fatto il nome del capo dipartimento Max Bruschi) negli ultimi due mesi. Decisioni importanti per milioni di studenti, genitori e personale della scuola sono state prese senza consultare e coinvolgere chi avrebbe potuto aiutare i decisori politici a conoscere e valutare meglio la situazione della scuola. Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil, è giunto a definire “autereferenziale e solipsistica” la gestione del ministero da parte di Lucia Azzolina

Si prospetta dunque non facile l’incontro dei sindacati con il ministro Azzolina in programma per il prossimo giovedì 7 maggio. A parte la questione del metodo (la mancanza di interlocuzione: ma il sindacato non è un “ferro vecchio” da buttare, ha detto Turi, leader della Uil scuola) i due punti sui quali si è incentrata la conferenza stampa sono stati la questione della stabilità del personale in vista dell’inizio del nuovo anno scolastico e quella della didattica a distanza.

Sul primo punto la richiesta unanime rivolta al ministro è quella di rinunciare ad effettuare i concorsi ordinari (peraltro già banditi) che comporterebbero tempi lunghi, fino a due anni, e forte mobilità sul territorio, e di sostituirli con una operazione di stabilizzazione a settembre di tutto il personale precario, da confermare nella misura del possibile (dopo i trasferimenti del personale di ruolo) nei posti occupati quest’anno. Fare i concorsi ordinari nell’attuale situazione di emergenza, ha detto Serafini (Snals), sarebbe come tentare di spegnere l’incendio buttando sul fuoco olio anziché acqua. E il “merito” che si vorrebbe salvaguardare con i concorsi ordinari è secondo Sinopoli “una favola”.

Sul secondo punto, la didattica a distanza, i sindacati sono stati altrettanto unanimi: non è una via percorribile, soprattutto per gli alunni più piccoli. L’idea del ministro di alternare presenza e distanza ogni tre giorni è stata definita “stravagante” da Rino Di Meglio, segretario della Gilda. La via maestra, hanno ripetuto i sindacalisti, è quella di diminuire il numero di alunni per classe aumentando in tutti i modi (palestre, edifici non utilizzati, al limite i turni) gli spazi utilizzabili per la didattica in presenza. Serve uno sforzo straordinario, in termini di investimenti, nell’edilizia scolastica e serve un accordo con i sindacati, come si è fatto in altri settori, per garantire la sicurezza e la salute del personale (mediamente ultracinquantenni) nelle scuole. Il ministro Azzolina, ha detto Turi, non può continuare ad agire come se avesse i “pieni poteri”. L’incontro di giovedì prossimo parte con queste premesse.

Giornata nazionale contro la pedofilia

Il 5 maggio si celebra la Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, istituita dalla legge 4 maggio 2009, n. 41.

Il 5 maggio in occasione della Giornata Nazionale contro la Pedofilia e la Pedopornografia, evento in live streaming sulla piattaforma online di Ansa

Dossier Telefono Azzurro: in aumento adescamento minori online. Nel 47% dei casi la vittima ha meno di 10 anni e nel 62% il responsabile è un membro della famiglia

Il Professor Ernesto Caffo (Presidente Telefono Azzurro): “Violenza e abusi non diminuiscono, occorre rafforzare prevenzione e contrasto”

Telefono Azzurro ha organizzato in occasione della Giornata Nazionale contro la Pedofilia e la Pedopornografia un dibattito in live streaming sulla piattaforma web dell’Ansa per porre l’attenzione della comunità sulle strategie più efficaci che permettano di prevenire e combattere il fenomeno degli abusi su bambini e adolescenti.

Telefono Azzurro ha chiamato a questo momento di riflessione autorevoli esponenti del mondo delle istituzioni e della società civile, con l’obiettivo di rafforzare le politiche sociali e promuovere prassi educative e piani di intervento volti a rendere più sicuro l’ambiente in cui vivono e più sane le relazioni che instaurano. Intervengo tra gli altri Elena Bonetti – Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia,Maud de Boer-Buquicchi – Special Rapporteur delle Nazioni Unite per la vendita e lo sfruttamento sessuale dei bambini, Hans Zollner – Direttore del Centre for Child Protection e Monsisgnor Lorenzo Ghizzoni, Arcivescovo di Ravenna e Cervia e Presidente del Servizio Nazionale per la tutela dei minori della Conferenza Episcopale Italiana.

“E’ di fondamentale importanza la necessità che non venga mai meno l’impegno della società civile, del mondo accademico e delle Istituzioni, per proteggere e tutelare bambini e adolescenti.” – ha dichiarato il Ernesto Caffo, Professore di Neuropsichiatra Infantile e Presidente di SOS Il Telefono Azzurro Onlus – “Violenza e abuso ai danni di bambini e adolescenti sono un fenomeno tanto grave quanto complesso, in larga parte sommerso, del quale occorre discutere costantemente.”

“La Giornata di quest’anno – aggiunge il professor Caffo – assume una valenza particolare: il necessario lockdown ela coabitazione coatta hanno aumentato il rischio di violenza sui bambini e adolescenti. Bisogna, dunque, rafforzare prevenzione e contrasto e adottare una strategia generale di intervento: un problema complesso richiede risposte multi-disciplinari. La nostra Associazione promuove, tramite il suo lavoro quotidiano, una cultura dell’operatività “in rete”, alla luce di esperienze consolidate ormai da molti anni”.

I dati del Dossier Abuso sessuale e pedofilia di Telefono Azzurro

Telefono Azzurro ha fotografato il fenomeno nel Dossier Abuso sessuale e pedofilia, che raccoglie dati e testimonianze ottenuti attraverso la linea di Ascolto 1.96.96 e la linea di Emergenza 114 (chat e social network): touch point di ascolto e intervento aperti a bambini, adolescenti e a tutti coloro che hanno bisogno di segnalare situazioni di emergenza, rischio e pregiudizio riguardanti l’infanzia e l’adolescenza.

A livello mondiale, il fenomeno della pedofilia e della pedopornografia ha dimensioni impressionanti: in Europa, ogni anno quasi 18 milioni di bambini sono vittime di abuso sessuale. Online, ogni 7 minuti una pagina web mostra immagini di bambini abusati sessualmente; negli Stati Uniti oltre 65.000 minori sono vittime di abusi sessuali, di cui circa il 40% sotto 10 anni di età, mentre il 30% aveva un’età compresa tra gli 11 ed i 17 anni; in India ogni 15 minuti un bambino viene abusato sessualmente.

I dati del Dossier di Telefono Azzurro relativi all’attività del 2019 purtroppo ci restituiscono una realtà preoccupante: sono aumentate percentualmente, rispetto all’anno precedente, le segnalazioni sull’abuso sessuale offline (70,5% nel 2019 vs 67,9% nel 2018). Per quanto riguarda le situazioni di abuso sessuale avvenute sulla rete, emerge un significativo aumento dell’adescamento online (9,6% nel 2019 vs 6% nel 2018).

La maggior parte delle vittime di abuso ha meno di 10 anni (47% dei casi), il 26% è compreso nella fascia di età 11-14 e il 27% ha dai 15 ai 17 anni; mentre il 74% delle vittime sono bambine (leggero incremento dall’anno 2018, nel quale le vittime di sesso femminile erano il 69%).

Analogamente al 2018, il responsabile in più della metà dei casi (62%) è un membro della famiglia.

Telefono Azzurro ha inoltre predisposto una Guida per i genitori, sul tema dell’abuso sessuale online e offline, comprensiva della definizione dei diversi termini e fenomeni, nonché di approfondimenti e consigli degli esperti per affrontare l’argomento con i figli e per supportarli in eventuali difficoltà.

Come detto, la Giornata Nazionale Contro la Pedofilia e la Pedo-pornografia fa emergerela necessità di risposte puntuali da parte dellasocietà civile, del mondo accademico e delle Istituzioni, delle Aziende, con l’obiettivo comune di proteggere e tutelare bambini e ragazzi.

I punti programmatici che Telefono Azzurro ha individuato sono articolati e fanno appello ad un impegno collettivo:                       

  • Mettere al centro dell’agenda politica il contrasto all’abuso sessuale a danno di minori e alla pedofilia, in tutti i contesti in cui questa problematica può declinarsi, sia in termini di piani di prevenzione e di intervento;
  • Attivare il prima possibile l’operatività dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile anche al fine della redazione del nuovo Piano nazionale di prevenzione e contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori i cui interventi devono essere attuati con adeguati e commisurati fondi economici; 
  • Promuovere, attraverso l’intervento della Commissione Bicamerale Infanzia e Adolescenza, di una mirateindagine conoscitiva e il contrasto della pedofilia nelle istituzioni pubbliche, private e confessionali;
  • Favorire, sul modello dei principali paesi non solo europei, la piena e più ampia collaborazione tra lo Stato e le organizzazioni no profitper la tempestiva rimozione di materiale pedoporngrafico sui siti internet;
  • Promuovere soluzioni legislative volte a favorire l’introduzione di meccanismi di verifica dell’età per impedire l’accesso a materiale pedopornografico da parte di utenti minori di età;
  • Affrontare il problema dell’abuso sessuale dei minori a partire da una prospettiva multidisciplinare che permetta l’implementazione di interventi multilivello e multi-agency, anche tramite il monitoraggio costante delle reti territoriali;
  • Disegnare programmi educativi e misure di intervento preventive innovativi e dedicati anche ai più piccoli, che includano le famiglie e gli adulti di riferimento, al fine di intercettare precocemente i fattori di rischio;
  • Con specifico riferimento al mondo del digitale, attuare strategie condivise a livello internazionale, al fine di garantire sicurezza e protezione da ogni forma di abuso sessuale e di adescamento, nonché di fruizione di contenuti potenzialmente dannosi, quali quelli pornografici;
  • Stabilire standard qualitativi minimi per i professionisti e gli operatori a contatto con bambini e adolescenti;
  • Applicare childprotection policies adeguate grazie alle quali il lavoro dei professionisti a contatto diretto con bambini e ragazzi in ambito organizzativo ne tuteli il benessere e la sicurezza;
  • Basare la tutela delle vittime su modelli consolidati, sia in termini dei percorsi di valutazione, che in quelli di intervento e di cura, restituendo centralità all’ascolto dei minori, qualificato e multicanale;
  • Strutturare i percorsi di valutazione della recidiva e di trattamento degli autori di reato su evidenze scientifiche, grazie alla condivisione di best practices dall’efficacia comprovata e di percorsi giudiziari definiti;
  • Mobilitare tutta la società civile, le istituzioni, le organizzazioni e le realtà associative, le forze dell’ordine, i professionisti del settore e i bambini e ragazzi stessi nel contrasto all’abuso;
  • Coinvolgere bambini e adolescenti nell’ideazione di progetti e programmi e ascoltare sempre la loro voce, promuovendone l’espressione in contesti adeguati, a loro misura e di fiducia.

Prove INVALSI 2020

Il 5 maggio 2020 l’INVALSI informa che “in seguito al protrarsi del blocco delle lezioni in presenza fino al termine del presente anno scolastico e ai cambiamenti normativi intervenuti per l’esame di Stato 2020 a conclusione del secondo ciclo di istruzione, si conferma che limitatamente all’a.s. 2019-20 le prove INVALSI per la II secondaria di secondo grado e per l’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado non si svolgeranno. Nelle prossime settimane INVALSI comunicherà alle scuole interessate le modalità in cui saranno resi disponibili agli studenti e alle scuole stesse gli esiti delle prove INVALSI 2020 svolte, anche solo per alcune discipline, nei giorni 2-3-4 marzo 2020.”


Modificata la programmazione delle prove INVALSI 2020

Il DPCM del 9 marzo 2020 ha esteso la sospensione delle attività didattiche fino al 3 aprile 2020. Necessariamente questo modifica la programmazione delle prove INVALSI 2020 comunicata in precedenza. Per questa ragione è stato cambiato lo scadenzario delle prove (III sec. di I gr.: https://invalsi-areaprove.cineca.it/index.php?get=static&pag=scadenzario_secigrado; II e V sec. di II gr.: https://invalsi-areaprove.cineca.it/index.php?get=static&pag=scadenzario_seciigrado) in attesa di adottare tutte le misure necessarie in base alle indicazioni che saranno fornite dalle autorità competenti nel corso dei prossimi giorni e delle prossime settimane. Tale misure saranno prese di concerto con le scuole e con l’amministrazione scolastica per facilitare il più possibile la ripresa delle attività.


Sospensione Prove Invalsi 2020 per l’ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado dal 5 al 15 marzo 2020


A seguito delle disposizioni governative che determinano la sospensione delle attività didattiche su tutto il territorio nazionale dal 5 al 15 marzo 2020, l’INVALSI comunica che alla ripresa sarà possibile riprogrammare – di concerto con le scuole interessate – le date di somministrazione delle prove INVALSI 2020 per tutte le scuole che ancora non le hanno sostenute. L’Istituto rinnova la propria vicinanza a tutte le comunità scolastiche, agli studenti, alle famiglie e ai territori maggiormente colpiti dalla situazione sanitaria.


  • Nota INVALSI 5 marzo 2020
    Riorganizzazione delle prove INVALSI 2020 dell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado in seguito alla sospensione delle attività didattiche fino al 15 marzo 2020
  • Comunicato INVALSI 4 marzo 2020
    Sospensione Prove Invalsi 2020 per l’ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado dal 5 al 15 marzo 2020
  • Lettera INVALSI 23 ottobre 2019, Prot.n. 7826
    Rilevazione degli apprendimenti degli studenti per l’anno scolastico 2019-20 (prove INVALSI 2020), in ottemperanza a quanto previsto dal D. Lgs. 62/2017, dalla legge 107/2015 e dal D.P.R. 80/2013

Iscrizioni a partire dalle ore 15.00 del 29 ottobre 2019 ed entro le ore 16.30 del 22 novembre 2019 accedendo al sito dell’INVALSI alla pagina:

https://invalsi- areaprove.cineca.it/index.php?get=accesso


Anno scolastico 2019/20
Calendario delle somministrazioni

II primaria (prova cartacea)

  • Italiano: giovedì 7 maggio 2020
  • Prova di lettura solo Classi Campione: giovedì 7 maggio 2020
  • Matematica: martedì 12 maggio 2020

V primaria (prova cartacea)

  • Inglese: mercoledì 6 maggio 2020
  • Italiano: giovedì 7 maggio 2020
  • Matematica: martedì 12 maggio 2020

III secondaria di primo grado (prova al computer – CBT)

  • Sessione ordinaria Classi Campione, prove di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto): venerdì 3, lunedì 6, martedì 7, mercoledì 8 aprile 2020.
    La scuola sceglie tre giorni tra i quattro proposti (il sabato 4 aprile 2020 le Classi Campione non possono svolgere prove)
  • Sessione ordinaria Classi NON Campione, prove di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto): da mercoledì 1 aprile 2020 a giovedì 30 aprile 2020
  • Sessione suppletiva Classi NON Campione, prove di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto): da lunedì 11 maggio 2020 a venerdì 15 maggio 2020

II secondaria di secondo grado (prova al computer – CBT)

  • Sessione ordinaria Classi Campione, prove di Italiano e Matematica: lunedì 11, martedì 12, mercoledì 13 maggio 2020.
    La scuola sceglie due giorni tra i tre proposti
  • Sessione ordinaria Classi NON Campione, prove di Italiano e Matematica: da martedì 5 maggio 2020 a sabato 23 maggio 2020

V secondaria di secondo grado (prova al computer – CBT)

  • Sessione ordinaria Classi Campione, prove di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto): lunedì 9, martedì 10, mercoledì 11, giovedì 12 marzo 2020.
    La scuola sceglie tre giorni tra i quattro proposti
  • Sessione ordinaria Classi NON Campione, prove di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto): da lunedì 2 marzo 2020 a martedì 31 marzo 2020
  • Sessione suppletiva Classi NON Campione, prove di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto): da lunedì 11 maggio 2020 a venerdì 15 maggio 2020

Le date delle Prove INVALSI 2020

Le Prove INVALSI 2020 si svolgeranno da marzo a maggio. L’arco temporale e le date di somministrazione variano in base al grado scolastico e alle materie.

Sono state rese note le date delle Prove INVALSI 2020 per i cinque gradi scolastici che ogni anno partecipano alle rilevazioni nazionali.

Le classi campione – cioè le classi scelte come rappresentative del sistema scolastico italiano e i cui risultati servono come riferimento – svolgono le Prove in giorni definiti a livello nazionale.

Le classi interessate dalle Prove INVALSI 2020 sono:

le classi II e V della scuola primaria (gradi 2 e 5)
le classi III della scuola secondaria di primo grado (grado 8)
le classi II e V della secondaria di secondo grado (gradi 10 e 13)
Tutti gli allievi sostengono una Prova di Italiano e una di Matematica; quelli dei gradi 5, 8 e 13 svolgono anche una Prova di Inglese, suddivisa in Reading e Listening.

La modalità di svolgimento cambia a seconda del ciclo d’istruzione: nella scuola primaria le Prove INVALSI 2020 avvengono simultaneamente nello stesso giorno per ogni materia e alla stessa ora con la tradizionale modalità carta e penna.

La scuola secondaria di primo e di secondo grado, invece, utilizza il computer – modalità CBT – e svolge le prove all’interno di un periodo di somministrazione fissato a livello nazionale. Questa finestra temporale può essere gestita autonomamente da ciascuna scuola, in funzione del numero degli allievi e del numero di computer disponibili.

Chi inizia per primo?
Per evitare la concomitanza tra la rilevazione nazionale e la preparazione all’esame di Stato, l’INVALSI ha stabilito che i primi a svolgere le Prove nazionali sono gli studenti del grado 13 e del grado 8.

Come già successo l’anno scorso, gli studenti del grado 13 svolgono le Prove INVALSI 2020 nel mese di marzo, mentre quelli del grado 8 nel mese di aprile.

Le scuole possono scegliere in autonomia le giornate per far svolgere le Prove agli allievi delle classi non campione, in una finestra temporale indicata dall’INVALSI all’interno del periodo di somministrazione, definito a livello nazionale:

il grado 13 – dal 2 al 31 marzo 2020
il grado 8 – dall’ 1 al 30 aprile 2020
Le classi campione, invece, seguono una procedura diversa con una finestra di somministrazione definita a livello nazionale, che va dal 9 al 12 marzo 2020 per il grado 13 e dal 3 all’8 aprile per il grado 8. Da notare però che le classi campione del grado 8 non svolgeranno le Prove nazionali sabato 4 aprile 2020.

Oltre alle date ordinarie, è prevista anche una sessione suppletiva – dall’11 al 15 maggio 2020 – per dare la possibilità a quegli studenti assenti per gravi e comprovati motivi di recuperare e svolgere la Prova nazionale nei mesi di marzo (grado 13) e di aprile (grado 8), in tempo utile per ricevere l’attestato ufficiale redatto dall’INVALSI con la certificazione delle competenze per Italiano, Matematica e Inglese.

E gli altri gradi scolastici?
I gradi 2, 5 e 10 svolgono le Prove nel mese di maggio.

La scuola primaria continua a partecipare alla rilevazione con Prove nella modalità carta e penna, in giornate specifiche per ogni singola disciplina.

La Prova di Inglese riguarda solo gli alunni del grado 5 e si svolge il 6 maggio 2020, mentre le Prove di Italiano e di Matematica riguardano entrambi i gradi scolastici e si svolgono rispettivamente il 7 e il 12 maggio 2020. Solo gli allievi delle classi campione del grado 2, al termine della Prova di Italiano, svolgono anche la Prova di lettura a tempo (2 minuti).

Anche per la scuola primaria sono previste delle sessioni posticipate: il 18 maggio 2020 per la Prova di Inglese del grado 5; il 13 e il 14 maggio 2020, rispettivamente, per la Prova di Italiano e di Matematica di entrambi i gradi scolastici.

L’ultimo grado scolastico a partecipare alla rilevazione nazionale è il grado 10, che svolge esclusivamente le Prove di Italiano e di Matematica in modalità CBT. Per questo grado scolastico infatti non è prevista la Prova di Inglese.

Gli studenti delle classi non campione possono svolgere le Prove dal 5 al 23 maggio 2020 mentre quelli delle classi campione dall’11 al 13 maggio 2020.

TASK FORCE

SCUOLA, CASA (M5S): COLLABORAZIONE CON TERRITORIO PER RICERCARE NUOVI SPAZI IDONEI AD ATTIVITA’ DIDATTICA

Roma, 4 mag – “Questa mattina insieme ai colleghi del Movimento 5 Stelle della Commissione Cultura ho incontrato in videoconferenza il Professor Patrizio Bianchi, Presidente della Task Force per gestire la fase del rientro a scuola e la ripresa dell’attività didattica. Una riunione molto interessante per conoscere lo stato dell’arte del lavoro portato avanti e confrontare i diversi punti di vista.

La ripartenza della scuola richiede un’azione comune e la condivisione di una visione d’insieme. A cominciare da un più profondo patto tra istituzioni scolastiche e territorio. La necessità di ricercare spazi idonei alla attività didattica pone numerose sfide che possono essere affrontate soltanto con una stretta collaborazione tra tutti gli attori del territorio in un rapporto integrato tra educazione formale e non formale. Aprire la città alla scuola e la scuola alla città riuscirebbe a garantire le condizioni per la costruzione di una vera comunità educante. Scuola e città devono divenire parte di un unico sistema, in grado di completarsi a vicenda. In questo modo palestre, teatri, biblioteche e musei possono estendere la loro funzione anche a specifiche attività didattiche e diventare luoghi di apprendimento situato”. Lo scrive, sulla sua pagina Facebook, la deputata del MoVimento 5 Stelle in commissione Cultura, Vittoria Casa.

“Altro punto fondamentale è la riduzione del numero di alunni per classe. Come sottolineato dal Professor Bianchi, questo processo sarebbe già dovuto partire da tempo. Creare classi con un numero minore di alunni sarebbe una piccola rivoluzione copernicana per la didattica. Oltre a garantire migliori condizioni ambientali permetterebbe di progettare interventi flessibili e personalizzati con un’ottima ricaduta sui processi di inclusione. Per attuarla occorre investire nell’ampliamento delle risorse economiche e umane, in edilizia scolastica e nella formazione di tutto il personale.

L’emergenza ci ha mostrato che i tagli a settori come la sanità o la scuola si siano rivelate scelte miopi. Ma se sul passato non possiamo purtroppo intervenire, per il futuro dobbiamo fare tesoro degli errori per costruire una scuola che metta veramente al centro gli studenti e le studentesse”, conclude Casa.


SCUOLA, VACCA (M5S): LEZIONI NEI LUOGHI DELLA CULTURA E NUOVO PERSONALE DI SUPPORTO. LE PROPOSTE ALLA TASK FORCE

Roma, 4 maggio – “Oggi con il prof Bianchi, presidente della Task force del ministero dell’Istruzione, è stato un incontro proficuo nel quale abbiamo illustrato il nostro piano per la riapertura delle scuole evidenziando come la necessità di non avere più classi pollaio sia un’opportunità per stimolare nuove metodologie e pratiche didattiche: scuola all’aperto, apertura al territorio, coinvolgimento enti e istituzioni culturali. La didattica a distanza resterà un tassello importante e sarà fondamentale implementare la formazione del personale docente. Inoltre, ci siamo confrontati con il prof Bianchi sulla fattibilità di sperimentare già da ora, magari solo in alcuni territori dove rischio ripresa covid più basso, il rientro a scuola per quegli studenti – il 6% in base al monitoraggio del Miur – esclusi finora dal percorso della didattica a distanza”. Lo dichiara in una nota Gianluca Vacca, deputato del MoVimento 5 Stelle e capogruppo in commissione Cultura, a margine dell’incontro tenuto con il prof Patrizio Bianchi.

“Per il rientro a scuola, e per tutto il prossimo anno scolastico, servirà anche personale scolastico aggiuntivo: siamo consapevoli che nuove assunzioni portano ulteriori costi per le casse dello Stato e per questo si potrebbero utilizzare i fondi europei. Oltretutto sarebbero risorse legate all’emergenza e a un incremento per il prossimo anno scolastico, quindi 2020 e 2021. Come MoVimento 5 Stelle chiediamo al MEF di valutare l’ipotesi altrimenti sarà dura riaprire le scuole in sicurezza garantendo un servizio idoneo per la comunità educante”, conclude la nota.

GOVERNO STA LAVORANDO ALACREMENTE PER SICUREZZA

SCUOLA, IORI (PD): GOVERNO STA LAVORANDO ALACREMENTE PER SICUREZZA 

“Nei prossimi giorni apriranno 2000 cantieri per la messa in sicurezza delle scuole. Il governo sta lavorando alacremente per garantire che il prossimo anno scolastico parta all’insegna della sicurezza. Dobbiamo fare il possibile per migliorare la qualità degli edifici e degli ambienti di apprendimento che devono essere sicuri e accoglienti. Si tratta di opere piccole e grandi già finanziate a cui andranno aggiunti ulteriori 855 milioni di euro stanziati con l’ultima legge di bilancio che potranno essere utilizzati per la manutenzione straordinaria e l’efficentamento energetico e quelli previsti dalla Programmazione Unica nazionale 2018-2020. In tal senso, sono stati messi a disposizione 320 milioni di euro che consentiranno alle Regioni di effettuare interventi nei loro territori. Risorse che si aggiungono ai 510 milioni erogati agli enti locali e per cui sono già in corso le procedure di affidamento dei lavori.
Sono interventi fondamentali perché, da una parte, si sostiene l’economia, dando lavoro e, dall’altra, si investe suoi luoghi del sapere”. Lo dichiara la senatrice del Pd Vanna Iori, capogruppo in Commissione Istruzione a Palazzo Madama. 

NO alla “didattica mista, in classe e online”

Comitato #lascuolaascuola:
NO alla “didattica mista, in classe e online”
NO alla scuola Cenerentola dello Stato

Bologna, 4 Maggio 2020 – Il Comitato “La Scuola a Scuola” esprime la propria contrarietà all’ipotesi di “didattica mista, in classe e online”, con turnazione di metà settimana, proposta dalla Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina per l’anno scolastico 2020/21.

Le misure annunciate dalla Ministra Azzolina nel corso de “L’Intervista” di Maria Latella su Sky Tg24 di sabato 2 maggio, non garantiscono il diritto all’educazione e all’istruzione di milioni di bambini e ragazzi. L’alternanza tra “ragazzi in classe e ragazzi collegati a distanza con turnazione a metà settimana, proposta dalla Ministra, è fortemente peggiorativa della qualità della didattica e dell’educazione offerta dal sistema scolastico, e inattuabile per gli alunni minori di 14 anni senza l’aiuto di un adulto. Il Comitato esprime il proprio sconcerto di fronte al fatto che le istituzioni non prevedano ancora alcun piano di messa in sicurezza del sistema scolastico, aumentando i timori di docenti, personale educativo e tecnico-amministrativo.

Nelle scorse settimane il Comitato “La Scuola a Scuola”, sorto per iniziativa di medici, psicologi, docenti e genitori, ha elaborato numerose proposte per la riapertura delle scuole in sicurezza, trovando interlocutori attenti e un dialogo fattivo nelle istituzioni e ai tavoli politici e tecnici locali, regionali e nazionali. Nessuna di queste proposte e riflessioni è rintracciabile nelle dichiarazioni della Ministra Azzolina, fatta eccezione per la parziale apertura a progetti di centri estivi, con l’aver “messo a disposizione, come ministero dell’Istruzione, scuole, palestre e cortili”. Il Comitato “La Scuola a Scuola” contesta questo approccio, che  mortifica non solo il valore del ragionamento politico, ma anche la valenza funzionale dei tavoli tecnico-specialistici convocati e di tutte le proposte che ivi giungono da chi ha le competenze per formularne.

L’inconsistenza e la gravità delle dichiarazioni della Ministra sono apparse evidenti anche dalla sua replica alle critiche trasversali giunte dopo la messa in onda dell’intervista. Azzolina ha infatti parzialmente rettificato, definendo quanto affermato come “alcune sue proposte per la riapertura”, che non sono decisioni già prese o imposte. Ciò rivela come, all’avvio della Fase 2, le linee guida per la progettazione del prossimo anno scolastico non siano affatto chiare neppure nella mente della titolare dell’organo di governo competente in materia di istruzione.

La didattica a distanza, che, secondo la proposta di Azzolina, diventerebbe parte integrante della didattica ordinaria e non più solo risposta emergenziale alla chiusura delle scuole predisposta dal governo nella Fase 1 della lotta a Covid-19, esclude intere fasce d’età (in particolare dagli 0 agli 11 anni), non risponde ai bisogni educativi delle decine di migliaia di studenti con disabilità fisiche o intellettive o con disturbi specifici dell’apprendimento, aumentandone l’isolamento. È una forma didattica non inclusiva, che non solo accresce le disuguaglianze sociali tra studenti, ma peggiora anche le disuguaglianze di genere nelle ricadute che comporta nelle scelte lavorative di milioni di famiglie. A tal proposito vale la pena ricordare quanto già tali disuguaglianze (“più uomini che lavorano che donne”) siano parte di “una situazione su cui dovremmo impegnarci, un punto di debolezza”, come giustamente ha sottolineato il Ministro della Salute, Roberto Speranza, alla vigilia del riavvio del motore industriale del Paese per la Fase 2.

Nel quadro dell’attuale pandemia, la scuola non può essere la “Cenerentola” delle istituzioni e dei servizi pubblici, ma, al contrario, deve ricevere la massima attenzione e le risorse necessarie per essere il motore della costruzione di nuove modalità di convivenza. La scuolaservizio essenziale, può e deve diventare anche un punto avanzato di sanità pubblica: trattando il personale scolastico come il personale sanitario, avremo la possibilità di individuare molto precocemente eventuali catene di contagio e di intervenire rapidamente. Se i bambini e i ragazzi non saranno a scuola, perderemo un tassello fondamentale nello studio del funzionamento di Covid-19.

DIFFICOLTA’ SOCIALI E CULTURALI SE LE SCUOLE NON RIAPRIRANNO COME IN ALTRI PAESI

SCUOLA: AIDDA, DIFFICOLTA’ SOCIALI E CULTURALI SE NON RIAPRIRANNO COME IN ALTRI PAESI. TORLASCO, ANCORA UNA VOLTA DONNE RISCHIANO DI ESSERE SVANTAGGIATE

ROMA, 4 MAG – “Insistere sulla prosecuzione della chiusura delle scuole sta comportando una serie di gravi difficoltà sul piano sociale e culturale, che riusciremo a valutare solo nel prossimo futuro, pagandone le pesanti conseguenze anche sul piano socioeconomico”. Lo dichiara Maria Claudia Torlasco, presidente nazionale dell’Associazione Imprenditrici Donne Dirigenti di Azienda che ricorda ed evidenzia con forza i problemi che sta procurando la chiusura delle scuole, e questo proprio mentre molti altri paesi europei stanno procedendo alla riapertura..

“Si consideri, infatti – prosegue la Torlasco – la lesione dei diritti dei bambini che dovrebbero vedere rispettati i loro bisogni ed i loro tempi di apprendimento scolastico; si pensi alle inevitabili disuguaglianze che comporta la didattica a distanza fra giovani appartenenti a famiglie che si possono permettere di supportarla e giovani appartenenti a famiglie che questa possibilità invece non hanno; si consideri, infine, un elemento di non secondaria importanza, vale a dire la questione del maggiore svantaggio per il mondo femminile che, ancora una volta, vede caricato sulle sue spalle il maggior onere di ‘cura’ che questa situazione comporta, con anche una significativa discriminazione nelle rispettive sedi di lavoro”.

La DaD nella Scuola Primaria al tempo del COVID-19

La Didattica a Distanza nella Scuola Primaria al tempo del COVID-19: punti di forza e aree di criticità

di Valerio Ferro Allodola *

Introduzione

La rapida diffusione della pandemia da COVID-19 in tutto il mondo, ha provocato il distanziamento sociale, la chiusura di scuole e università, la cancellazione di tutti gli eventi culturali in presenza, al fine di evitare gli assembramenti e il conseguente potenziale espandersi del virus.

L’articolo presenta i punti di forza e le aree di criticità della Didattica a Distanza (DaD) nella Scuola Primaria. In riferimento all’accessibilità e all’usabilità della DaD da parte dei bambini, dei bambini certificati con Legge 104/1996 e/o con certificazione DSA, sono stati delineati i seguenti elementi di analisi: a) continuità didattica; b) capacità di costruire, mantenere e corroborare relazioni nell’organizzazione scolastica; c) tempi d) inclusione; e) carico cognitivo; f) organizzazione; g) personalizzazione; h) valutazione.

Continuità didattica

Di fronte ad una situazione inedita, che ha cambiato  le vite di tutti con l’isolamento sociale, la scuola si è ritrovata a dover necessariamente riconfigurare le proprie pratiche didattiche on-line.

Non tutte le istituzioni scolastiche hanno risposto allo stesso modo e con la stessa tempestività: molto è dipeso sia da una mancanza di linee guida nazionali, sia dai singoli Dirigenti Scolastici. Quello che possiamo affermare, è che sicuramente tutte le scuole hanno fatto il possibile per avviare la Didattica a Distanza (d’ora in poi DaD), in modo da assicurare la continuità didattica, anche se necessariamente virtuale.

Le scuole dotate del registro elettronico hanno potuto usufruire degli strumenti disponibili all’interno dello stesso, attivando anche aule virtuali. In contemporanea, sono state attivare altre piattaforme (es. G Suite for Education e i canali su youtube) per caricare e condividere materiali didattici (documenti, video, ecc).

I docenti e il team digitale (nelle scuole dove presente), hanno lavorato su un duplice fronte: la cooperazione tra colleghi (specialmente quelli con poche competenze informatiche) e con i genitori dei bambini (a partire dal ritiro dei libri di testo, lasciati a scuola in seguito all’improvvisa chiusura delle scuole). Naturalmente, qui si è venuta a creare la prima “differenza” tra studenti: quelli con i genitori tecnologici e quelli con genitori meno tecnologici. Le famiglie con più figli, inoltre, hanno avuto il problema della non sufficiente quantità di dispositivi informatici in loro possesso.

È stato importante, in una prima fase, un lavoro di ricognizione delle risorse e dei materiali disponibili da parte della scuola, che si è attivata in tempi relativamente brevi, grazie al fondo governativo per l’acquisto di tablet e pc per gli studenti più svantaggiati su questo fronte.

La DaD è partita, dunque, abbastanza celermente e in forme diverse – nonostante la grave situazione emergenziale – rispettando la libertà di insegnamento di ciascun docente, ma non dimenticando sicuramente non solo l’assegnazione di compiti e lezioni, ma la restituzione sotto forma di correzione scritta e/o orale (feedback) con i mezzi virtuali a propria disposizione.

Capacità di costruire, mantenere e rafforzare relazioni nell’organizzazione scolastica

L’esperienza che stiamo vivendo, in particolare come docenti, ha incentivato la riflessione su una serie di questioni che riguardano la capacità di costruire, mantenere e rafforzare relazioni nell’organizzazione scolastica, configurandola come “comunità di pratica” (Alessandrini, 2007; Fabbri, 2007; Gherardi, 1998, 2000; Wenger, 2003; Wenger e McDermott, R., Snyder, 2007). Questo è sicuramente un tema delicato – affrontato frequentemente in letteratura prima del virus – che, mai come adesso, richiede un approfondimento concreto.

La distanza imposta dall’isolamento sociale, ha portato i docenti a riconfigurare le proprie pratiche lavorative, oltre che didattiche. Tutto è cambiato nel giro di pochi giorni: le aule sono diventate virtuali, le lezioni, le voci dei bambini, i libri e i compiti pure. Uno stravolgimento completo, che ha trasformato la realtà in realtà virtuale e aumentata.

Gli insegnanti, quindi, hanno cercato di sopperire a queste gravi mancanze utilizzando la tecnologia attualmente disponibile, frequentando corsi di formazione attivati dalle scuole e non, al fine di implementare le proprie conoscenze e competenze di progettazione della DaD.

Le classiche riunioni di fascia si sono tenute on-line, al fine di organizzare il lavoro didattico del secondo quadrimestre. Insomma, come sempre, la scuola italiana ha cercato di “reggere” il carico anche emotivo di tutti coloro che compongono la scuola: dirigenti, insegnanti, genitori, personale ATA, collaboratori scolastici, ecc.

Questo, forse, deve farci riflettere sulle reali capacità di cooperazione che la scuola pubblica reca in sé, nonostante il disinvestimento economico e socio-culturale del nostro Paese che l’ha riguardata negli ultimi decenni.

Tre elementi emergono, a mio avviso, da considerarsi come prioritari:

  • la necessità di corroborare fortemente la formazione alle competenze digitali e al lavoro cooperativo per gli insegnanti, in modo tale che tutti siano preparati ad eventi simili e a condizioni più o meno “estreme”;
  • l’urgenza di incentivare risorse economiche per la scuola e tutto il personale scolastico;
  • il bisogno di lavorare – a tutti i livelli – per la costruzione di una “cultura della scuola” come bene primario e fondante del nostro Paese.

Tempo

È scientificamente dimostrato che l’apprendimento ha bisogno di “sedimentare” per diventare “significativo” (Ausubel, 1978) e che l'(auto)riflessione richiede del tempo per attivarsi (Schön, Jung). C’è bisogno di una “slow pedagogy” (Payne & Wattchow, 2008) in cui il tempo deve essere necessario, giusto, rallentato (Rivoltella, 2012).

Un apprendimento significativo si realizza solo se l’allievo riesce a mettere in relazione le nuove conoscenze con i sistemi di pre-conoscenze già possedute.

È necessario, cioè, che le nuove informazioni in arrivo si intreccino con una preesistente impalcatura conoscitivo/cognitiva interna. Quando si presentano nuove conoscenze, se non si aiuta consapevolmente l’allievo” a “fare i conti” (stabilire consapevoli relazioni e nessi) con ciò che già si possiede, le nuove conoscenze non troveranno i punti di appoggio e dunque non diventeranno conoscenze interiorizzate e significative. Ausubel afferma (Ibidem): “Se dovessimo condensare in un unico principio la psicologia dell’educazione direi che il singolo fattore più importante che influenza l’apprendimento sono le conoscenze che lo studente già possiede. Accertatele e comportatevi in conformità nel vostro insegnamento”.

Assegnare i compiti agli studenti con una scadenza di consegna permette una maggiore capacità di riflessione sul lavoro, avendo a disposizione un’enorme quantità di tempo e diminuendo l’eventuale ansia da prestazione sull’apprendimento (Sullivan, 1953). Inoltre, quando possibile, essendo seguiti da genitori e/o altri parenti, tutti hanno la possibilità di trascorrere più tempo insieme e questo può essere importante anche per rafforzare i legami intra-familiari.

Una criticità rispetto all’elemento del tempo concerne si può avere quando il ritmo delle lezioni online determina le medesime difficoltà legate ai tempi serrati in classe, ma con l’aggravante che lo studente fatica ad interagire con il docente. La disponibilità del docente a registrare la lezione, che poi può essere allegata al registro o a Google Classroom o inviata per mail, è quindi importante per permettere ai bambini di riascoltarla e organizzarla. Inoltre, i bambini potrebbero entrare in ansia quando vengono proposti quiz di verifica senza tenere conto del fattore tempo e senza aver avuto modo di programmare queste attività rielaborando il materiale di studio.

Inclusione

Nell’ambito del Design for All nelle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT), l’Unione Europea fa riferimento a questo con i termini Inclusione e Accessibilità.

Il Design for All è un approccio basato su 7 principi universali di utilizzo per la progettazione secondo il Centro ricerche della University of North Carolina (USA):

• Principio 1: Uso equo.

• Principio 2: Uso flessibile.

• Principio 3: Uso semplice ed intuitivo.

• Principio 4: Percettibilità delle informazioni.

• Principio 5: Tolleranza all’errore.

• Principio 6: Contenimento dello sforzo fisico.

• Principio 7: Misure e spazi per l’avvicinamento e l’uso.

L’accessibilità favorisce l’usabilità: rendere un’interfaccia compatibile con utenti disabili la rende più facile da usare da parte di tutti gli utenti.

L’accessibilità richiede l’usabilità: solamente i siti facilmente usabili possono realmente essere resi accessibili, altrimenti si avrà un’interfaccia accessibile ad un sito impossibile da navigare.

L’Universal Design for Learning (“Progettazione Universale per l’Apprendimento”) è un modello educativo che si propone di orientare l’allestimento di ambienti flessibili che possano soddisfare le differenze individuali e andare incontro ad ogni tipologia di bisogno. L’UDL sostiene che la progettazione debba essere multimodale (Rose & Meyer, 2002) e si propone di fornire a tutti le medesime opportunità di apprendimento, alternative di approccio, percezione, comprensione, elaborazione ed espressione della conoscenza. Le parole chiave che la caratterizzano sono: accessibilità, personalizzazione, rispetto della diversità e progettazione curricolare universale.

In termini di “inclusione come ricerca dell’eguaglianza formativa” (Capperucci, Franceschini, 2020), la ricerca didattica continua a produrre contributi importanti, anche in termini di descrizione critica di alcuni strumenti operativi necessari a praticarla. Molto interessante, a riguardo, è la ricerca di Fabbro, Agosti e Correa (2017),  che fa emergere la caratterizzazione “inclusiva” nel processo d’apprendimento delle pratiche digitali a scuola, ma talvolta anche un’occasione di “fuga” momentanea dall’uso didattico-strumentale  della  tecnologia.  Gli Autori rilevano quanto “l’orientamento verso la funzione inclusiva della tecnologia sia trasversale a tutte le classi, mentre l’orientamento alla funzione di evasione sia più presente tra  coloro  che  per  diverse  ragioni  sono  meno  integrati  nel  sistema  scolastico,  ovvero  i bambini della classe prima, per i quali la scuola primaria rappresentava un ambiente nuovo e alcuni soggetti per le classi quinte, in cui erano presenti diversi bambini già a rischio di esclusione educativa e sociale” (Ibidem, p. 79).

Carico cognitivo

Se la DaD è interpretata da alcuni docenti come mera assegnazione di pagine da studiare, con l’invito a eseguire i relativi compiti, gli studenti con DSA faticano a gestire in autonomia argomenti nuovi, senza la relativa spiegazione. Eseguire i compiti senza agganci cognitivi chiari, si delinea come difficoltà superabile solo grazie a genitori costretti a improvvisarsi insegnanti sul “campo”. È quindi fondamentale che i docenti concordino con cura i compiti assegnati e le attività didattiche, poiché il carico cognitivo, specialmente per i bambini con DSA può diventare insostenibile.

In particolare, bisogna tener conto delle molteplici sfaccettature connesse alla gravità del disturbo e all’accettazione degli strumenti compensativi come strumento di lavoro; il docente, conoscendo bene il proprio alunno, può valutare il supporto corretto per accedere alle lezioni (in modo sincrono) ed utilizzare il PC.

La Teoria del Carico cognitivo (Cognitive Load Theory, CLT) fa riferimento alla quantità di impegno di elaborazione che si produce nella memoria di lavoro: estraneo, intrinseco e pertinente (Sweller, 1988, 2010, 2011).

Estraneo (extraneous): riguarda tutte le forme di attività cognitiva che distraggono da ciò che è significativo per realizzare l’apprendimento desiderato. Esso va eliminato o ridotto in ogni caso. Intrinseco (intrinsic): è il carico di lavoro cognitivo imposto di per sé da un determinato compito, dovuto alla sua naturale complessità. Quando è troppo alto,va ridotto.

Pertinente (germane): si riferisce all’impegno cognitivo utile. Va tenuto alto.

Organizzazione

È fondamentale che ogni team docente e ogni istituto elaborino una ricognizione sulle tipologie e sulla quantità di piattaforme di cui dispongono, sugli strumenti di video-lezione, gli spazi di archiviazione, i registri da coinvolgere nella comunicazione e nella gestione delle attività. In questi mesi di sperimentazione delle scuole sulla DaD, è ovviamente necessaria la guida del Dirigente Scolastico. Quest’ultimo, assieme al team digitale (previsto e istituito dal Piano Nazionale Scuola Digitale – PNSD, Legge 107/2015 “La Buona Scuola”), deve concentrare il proprio compito nel dare unitarietà alle proposte, scegliendo accuratamente alcuni canali per le lezioni in sincrono, le videoregistrazioni e gli spazi in cui gli studenti possono trovare i materiali di studio, con particolare attenzione agli alunni certificati con Legge 104/1992 e/o con certificazione DSA.

Personalizzazione

L’elemento della personalizzazione, ovvero “i traguardi relativi alle potenzialità personali nel processo di insegnamento-apprendimento” (Baldacci, 2006), può esplicarsi nella DaD attraverso la capacità del team di prevedere materiali semplificati: offrire a tutta la classe, ad esempio, la mappa della video-lezione svolta, creare piccoli gruppi di studio live in cui usare un lessico più semplice e tempi più distesi per la spiegazione o la correzione del compito.

Valutazione

La mission dell’istituzione scolastica di oggi è la promozione dell’autonomia intellettuale, che coinvolge anche la capacità di autoregolare il proprio apprendimento (Ferro Allodola, 2020); il feedback è riconosciuto, infatti, come il modo più potente per migliorare l’apprendimento (Parkin, Hepplestone, Holden, Irwin, & Thorpe, 2012).

Possiamo definire il feedback come un’informazione che l’ambiente fornisce al soggetto in apprendimento e che lo aiuta a proseguire verso il traguardo. Le caratteristiche di un buon feedback riguardano: a) far capire il punto in cui ci si trova; b) ricordare il traguardo da raggiungere; c) suggerire la strategia giusta.

L’aspetto della valutazione è forse il tema più dibattuto nei Collegi docenti virtuali e nelle riunioni on-line dei docenti. La Nota 279/2020 ha già descritto il rapporto tra attività didattica a distanza e valutazione.

“Se è vero che deve realizzarsi attività didattica a distanza, perché diversamente verrebbe meno la ragione sociale della scuola stessa, come costituzionalmente prevista, è altrettanto necessario che si proceda ad attività di valutazione costanti, secondo i principi di tempestività e trasparenza che, ai sensi della normativa vigente, ma più ancora del buon senso didattico, debbono informare qualsiasi attività di valutazione […] Se l’alunno non è subito informato che ha sbagliato, cosa ha sbagliato e perché ha sbagliato, la valutazione si trasforma in un rito sanzionatorio, che nulla ha a che fare con la didattica, qualsiasi sia la forma nella quale è esercitata. Ma la valutazione ha sempre anche un ruolo di valorizzazione, di indicazione di procedere con approfondimenti, con recuperi, consolidamenti, ricerche, in un’ottica di personalizzazione che responsabilizza gli allievi, a maggior ragione in una situazione come questa” (Nota 388/17 marzo 2020: Indicazioni operative per la didattica a distanza).

La lezione in sincrono, in cui l’interazione è ordinata e controllata il più possibile, consente al docente di avere a disposizione un importante strumento di valutazione e cioè la partecipazione attiva dei ragazzi e la loro disposizione ad apprendere mediante interventi e atteggiamenti pro-attivi durante la video-lezione.

Affinché avvenga un apprendimento significativo (come prima ricordato), lo studente deve sapere se sta avanzando e come fare per incrementare gli apprendimenti e la capacitò di apprendere ad apprendere (Capperucci, 2020). La Nota sopra citata aggiunge: “Si tratta di affermare il dovere alla valutazione da parte del docente, come competenza propria del profilo professionale, e il diritto alla valutazione dello studente, come elemento indispensabile di verifica dell’attività svolta, di restituzione, di chiarimento, di individuazione delle eventuali lacune, all’interno dei criteri stabiliti da ogni autonomia scolastica, ma assicurando la necessaria flessibilità.” La valutazione nella DaD, dunque, continua a mantenere la sua funzione di “valorizzazione” in itinere dei successi dell’alunno.

In particolare, per i bambini con DSA, può essere utile costruire e somministrare brevi test di autovalutazione per poi discutere i risultati con rapide sessioni on-line. Il giudizio finale sul percorso del bambino con difficoltà di apprendimento – nel rispetto del PDP (Piano Didattico Personalizzato) –  sarà poi il risultato del confronto del Team e del Consiglio di Classe, in cui la valutazione ritrova la sua valenza collegiale.

Conclusione

In questo difficile periodo, gli insegnanti hanno il compito di rivedere e semplificare la progettazione, scegliendo con attenzione gli obiettivi da raggiungere e le competenze da implementare, sulla base del nuovo “ambiente di apprendimento”.

Un approccio multimodale e digitale necessita sempre di un’attenta e graduale progettazione in un’ottica di reale inclusione di tutti e di ciascuno. Oggi più che mai serve un grande di lavoro di cooperazione intra ed extrascolastico, per evitare il potenziale acuirsi delle differenze sociali dovute alle implicazioni socio-economiche, antropologiche e politiche del COVID-19.

Piste di ricerca futura dovrebbero riguardare, ad esempio, lo studio del rapporto tra DaD e differenze socio-economiche nella popolazione scolastica nella scuola Primaria e lo “stato dell’arte” in Italia sulle competenze digitali degli insegnanti di scuola Primaria sulla DaD.

Nota dell’autore

Dedico questo lavoro al Dott. Valerio Pensabene, PhD in “Qualità della Formazione” presso l’Università degli Studi di Firenze ed esperto in Educazione degli Adulti, scomparso nel 2018. Un grande professionista che ho avuto la fortuna di incontrare durante gli anni del mio dottorato fiorentino e col quale mi sono spesso confrontato.


* Ateneo telematico “eCampus”


Bibliografia

Alessandrini, G. (a cura di) (2007). Comunità di pratica e società della conoscenza. Roma: Carocci.

Baldacci, M. (2006). Personalizzazione o individualizzazione?, Trento: Erickson.

Capperucci, D. (2020). Strumenti per valutare l’apprendere ad apprendere: un percorso di ricerca-formazione realizzato con gli insegnanti del primo ciclo. Ricerche Pedagogiche, vol. 214: pp. 121-144.

Capperucci, D, Franceschini, G. (a cura di) (2020). Introduzione alla pedagogia e alla didattica dell’inclusione scolastica. Riferimenti culturali, normativi, metodologici. Milano: Guerini e Associati.

Fabbri, L. (2007). Comunità di pratiche e apprendimento riflessivo. Carocci: Roma.

Fabbro, F., Agosti, A., & Correa, E. (2017). Digital practices in primary school: is the pupil protagonist? Form@re – Open Journal Per La Formazione in Rete, 17(1), pp. 68-81.

Ferro Allodola, V. (2020)., Apprendimento, feedback del docente e revisione tra pari: limiti e potenzialità. Form@re – Open Journal Per La Formazione in Rete, 20(1), pp.

Gherardi, S. (1998). Apprendimento come partecipazione ad una comunità di pratiche, Scuola democratica, v. 1, 2, pp. 247-264.

Gherardi, S. (2000). La conoscenza, il sapere e l’apprendimento nelle comunità nelle comunità di pratica, Studi Organizzativi, 1, pp. 5-9. Baldacci M. (2005).Personalizzazione o individualizzazione?, Trento: Erickson.

Rivoltella, C. (2012). Neurodidattica. Insegnare al cervello che apprende. Milano: Raffaello Cortina.

Parkin, H. J., Hepplestone, S., Holden, G., Irwin, B., & Thorpe, L. (2012). A role for technology in enhancing students’ engagement with feedback. Assessment & Evaluation in Higher Education. 37(8), 963973.

Payne, P. & Wattchow, B. (2008). Slow pedagogy and placing education in post-traditional outdoor education. Journal of Outdoor and Environmental Education. 12, pp. 25-38.

Rose, D., & Meyer, A. (2002). Teaching every student in the digital age: Universal design for learning. http://www.cast.org/teachingeverystudent/ideas/tes/

Sweller, J. (1988). Cognitive load during problem solving: Effects on learning. Cognitive Science, 12(2), pp. 257–285.

Sweller, J (2010). Cognitive load theory: recent theoretical advances. In J.L. Plass, R. Moreno & R. Brunken (eds.), Cognitive load theory (pp. 29-47). New York, NY: Cambridge University Press.

Sweller, J., Ayres, P., & Kalyuga, S. (2011). Cognitive load theory. New York, NY: Springer.

Wenger, E., McDermott, R., Snyder, W.M. (2007). Coltivare comunità di pratica. Prospettive ed esperienze di gestione della conoscenza. Trad. it., Milano: Guerini e Associati.
Wenger, E. (2006). Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità. Trad. it., Milano: Raffaello Cortina.

A settembre classe divisa ma unita

A settembre classe divisa ma unita
Proposta di didattica intensiva e modulare

di Giuseppe Adernò

            “Scrivere dritto su righe storte” non è solo uno slogan, né una formula  magica, ma è una regola dettata dal bisogno del docente educatore, il quale intende ricercare il miglior bene per i suoi studenti, impegnandosi ad accompagnarli nel processo di crescita e di formazione.

             In vista dell’avvio dell’anno scolastico, dopo la chiusura per il Covid-19, la Ministra Azzolina rispondendo ad un’intervista ha avanzato la proposta di dividere la classe in due gruppi e alternare didattica frontale e a distanza, per garantire il distanziamento fisico e prevenire occasioni di contagio.

             Era questa una delle indicazioni formulate e pubblicate alcuni giorni fa in questo sito nell’articolo: “Sognando una scuola secondaria rinnovata Proposta di didattica flessibile, modulare e intensiva (almeno) per le prime classi”.

            Nell’articolo si propone la turnazione del gruppo classe, che alterna giorni di didattica in presenza a scuola e giornate a casa con l’impegno di seguire al computer o nei programmi di Rai scuola approfondimenti didattici.

             La DaD (didattica a distanza) nuova sigla introdotta nel lessico scolastico, non si fa utilizzando il modello d’insegnamento in presenza: appello, interrogazioni, compiti e ore di video lezioni, ma dovrebbe incontrare il vissuto degli studenti e aiutarli a sviluppare pensieri e idee, e non solo recuperare e continuare il programma interrotto per la chiusura forzata della scuola. 

         Ipotizzando la divisione della classe in due in funzione del distanziamento fisico, il primo gruppo svolge attività in presenza il lunedì e il mercoledì e il secondo gruppo il martedì e il giovedì.

I contenuti delle lezioni in presenza  del lunedì saranno approfonditi mediante attività di ricerca on line il martedì a casa, con eventuali interventi a distanza del docente di altre discipline e le tematiche saranno riprese e approfondite il mercoledì a scuola, con l’intervento diretto del docente e una verifica degli apprendimenti.

Il secondo gruppoavrà come giorni con didattica a distanza il lunedì, e il mercoledì, mentre il martedì e il giovedì si andrà a scuola, fruendo della didattica in presenza.

Il gruppo classe potrà avere una particolare funzionalità e socialità il venerdì, quando invece di restare come gruppo singolo, si formano gruppi misti di studenti organizzati in moduli di potenziamento o di eventuale recupero e approfondimento, secondo le indicazioni del Consiglio di classe.

Nell’applicazione concreta l’ipotesi presentata potrà trovare delle difficoltà oggettive di spazi e di organico di docenti. A tale scopo si suggerisce di cogliere l’occasione del Coronavirus per apportare all’organizzazione scolastica una formula innovativa, attraverso la didattica intensiva e modulare.

L’anno scolastico potrà essere strutturato in tre bimestri curriculari: ottobre-novembre; dicembre-gennaio; febbraio-marzo; ed il percorso conclusivo di sintesi e verifica dei risultati nel quarto bimestre aprile-maggio.

            L’ultimo bimestre, infatti, sarà organizzato come rinforzo e consolidamento dei contenuti e delle competenze acquisite, funzionali al proseguimento del percorso formativo.

            Tutti gli studenti nell’arco del bimestre affronteranno lo studio ben strutturato non di tutte le materie per l’intero anno, bensì di specifiche discipline in maniera intensiva nell’articolazione bimestrale e al termine di ogni percorso si effettueranno delle prove di verifica con relativa certificazione.

            Alcune materie ad esempio italiano, matematica, inglese, saranno presenti in tutti e tre bimestri, mentre altre discipline potranno essere compattate e intensive nell’arco di uno o due bimestri.

            Ciò comporterà la necessità di rivedere non solo i contenuti disciplinari, favorendo l’essenziale che sarà ampliato anche mediante interventi con didattica a distanza, ma anche le metodologie da adottare per una didattica efficace nell’ottica dello sviluppo delle competenze.

            L’adozione di una didattica compatta, capace di un esercizio di “distillazione “ della disciplina, scegliendo l’essenziale, il basilare, l’indispensabile e il necessario, trova applicazione nella pratica detta: Chunking, “esperienza formativa che consta nello smontare notizie articolate in modo da conseguire unità elementari più facili da memorizzare (ma non solamente, naturalmente) e da gestire”.

            Il verbo “to chunk” indica, infatti, il “fare a pezzi”, e il nome “Chunk” indica il pezzo o il blocco, quindi il Chunking è l’azione di “spezzettare”. “ridurre in blocchi” i contenuti disciplinari e pianificare i diversi moduli didattici.

            “La cultura è, infatti, un boccone troppo grande per essere masticato tutto intero”, occorre strutturare percorsi di senso e di significato e metterli in correlazione. Ecco il contributo dell’interdisciplinarità che consente di fare scelte e connessioni utili sollecitando la cooperazione del Consiglio di classe, inteso, appunto come “ équipe pedagogica: “gruppo di lavoro che ha comuni obiettivi e ricerca strategie convergenti”.

            Tale metodologia potrà meglio guidare l’apprendimento degli studenti non seguendo i capitoli del libro di testo, bensì attraverso un approccio per problemi: Problem-based learning, indicato con l’abbreviazione PBL, che mette al centro lo studente, attore nella ricerca e nell’acquisizione di nuove conoscenze, che contribuiscono a modificare “il modo di pensare, di sentire e di agire”, segno di apprendimento acquisito. 

            La tecnica del brainstorming e la metodologia del “cooperative learning” risultano certamente efficaci per guidare e accompagnare non lo svolgimento del programma, bensì lo sviluppo delle competenze.

            Appare, quindi, necessario curvare l’azione didattica e sviluppare metodologie d’insegnamento in grado di valorizzare gli stili e i ritmi di apprendimento degli studenti.

            Progettare per competenze, implica la necessità di operare delle scelte nel vasto panorama dei contenuti disciplinari e strutturare dei moduli didattici funzionali ed efficaci, alla luce delle Indicazioni nazionali ed alleggerendo la vastità dei programmi, che ancora vengono chiamati “ministeriali”.

            Il docente viene ancora una volta sollecitato a svolgere il ruolo di “regista” dei processi di apprendimento di ogni singolo studente, che passa da fruitore di contenuti a protagonista nello sviluppo di soft skills, indispensabili anche per il successivo percorso universitario.

            Anche la valutazione va riletta in chiave formativa, privilegiando non tanto il prodotto, quanto il processo: quel che conta è la valorizzazione dei progressi dell’alunno e lo stimolo a far sempre meglio, senza dimenticare l’accessibilità e l’inclusione attraverso la tecnologia.

            Una simile organizzazione non dovrebbe prevedere improduttive interruzioni per scioperi o altro. Il lavoro didattico viene concentrato in un cammino formativo intensivo con l’intento di essere efficace e produttivo.

            Comprendendo la difficoltà di attuazione per l’intera comunità scolastica si potrebbe prendere in esame la proposta innovativa per le prime classi, con i ragazzi che intraprendono un nuovo cammino formativo nella scuola secondaria di primo e secondo grado e a tale scopo è necessario; organizzare le aule come “laboratori disciplinari”, attrezzate con i sussidi adeguati per disciplina e quindi: aule di materie letterarie, di matematica, di storia, di geografia, di lingue comunitarie, etc., laboratorio di musica, di tecnologia, di scienze e la palestra per l’educazione motoria.

            L’articolo pubblicato concludeva con queste espressioni:

            Come ha scritto Loenzao Bordonaro nel volume: “Giù le cattedre. Guida alla sopravvivenza nella scuola di oggi e di domani” (Gaeditori-2019), è necessario dare concretezza alla “scuola sognata” che risponde ai bisogni “di tutti e di ciascuno”, che impegna il docente a “saper guardare tutti ed osservare ciascuno”.

            In prospettiva  questa potrà essere un’occasione per migliorare il percorso formativo dando risposta alla voglia e al bisogno di cambiamento e di rinascita che l’emergenza ha generato.

            Non è il caso di ascoltare il consiglio che si dava a quanti avevano la voglia di lavorare: “Siediti, aspetta che ti passa!” . “Il treno sta passando, cogli l’attimo!”

Tanto e molto si può fare, basta volerlo! “Qui si parrà la tua nobilitate”.

Maturità, l’ultimo anno avrà più peso

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Il puzzle della maturità 2020 è quasi completo. Ai tasselli rivelati nei giorni scorsi dalla ministra Lucia Azzolina – e che delineano un’unica prova orale, da svolgere in classe a gruppi di 5 e capace di attribuire 40 punti sui 100 totali – altri se ne aggiungeranno nelle prossime 48 ore. Quando sono attese le ordinanze ministeriali su esami di Stato e valutazione in cui verrà ribadito il ruolo centrale del «documento del 15 maggio», che sarà redatto dal consiglio di classe (in via straordinaria quest’anno entro il 31) e che fisserà i confini del programma scolastico entro cui potrà svolgersi il colloquio a cui saranno sottoposti i 463mila maturandi italiani a partire dal 17 giugno. Fermo restando il ruolo centrale dell’italiano e della materia di indirizzo (greco/latino al Liceo classico o matematica/fisica allo scientifico) che dovevano essere oggetto delle due prove scritte saltate a causa del coronavirus.

I punti fermi

La prima certezza riguarda la data. La maturità comincerà martedì 17 giugno quando si sarebbe dovuto tenere il compito d’italiano. I ragazzi saranno interrogati a gruppi di massimo 5 al giorno. Nell’aula al momento della discussione potrà esserci al massimo una decina di persone tra i sei commissari interni, il presidente esterno, il candidato e un paio di testimoni. Anche se i dettagli su distanziamento e dispositivi di protezione saranno oggetto di un apposito protocollo ancora da scrivere è presumibile che tutti dovranno indossare la mascherina e rispettare la distanza di un metro. Durante il colloquio – che durerà circa un’ora – il ragazzo potrà abbassarla. A confermarlo è stata la stessa Azzolina parlando di «modello Camera» per l’esame.

Un altro punto fermo riguarda il punteggio. L’orale da solo varrà 40 punti e il curriculum scolastico 60. In proporzioni inverse rispetto al 60 (spalmati su due scritti e orale)/40 previsti prima della pandemia. Non ci saranno buste da sorteggiare né tesine. Si partirà da una domanda sulla materia di indirizzo concordata con i prof e poi si spazierà sul resto del programma svolto quest’anno – in classe fino al 4 marzo e poi da casa grazie alla didattica a distanza – nei confini fissati dal documento del 15 maggio (quest’anno del 31). A cominciare dall’italiano. Si spiega così la previsione, nell’ordinanza sulle commissioni, che tra i 6 membri ci siano i prof di italiano e della materia (o delle materie) di indirizzo. Confermati inoltre i passaggi su alternanza scuola-lavoro, finché è stata possibile svolgerla, e su Cittadinanza e Costituzione, inclusa l’esperienza di convivenza con l Covid-19.

I rebus da sciogliere

Fin qui le certezze. Ma la prossima maturità ha ancora aspetti da chiarire. Il primo riguarda come si declineranno i 60 punti del curriculum degli ultimi tre anni (quando i punti erano 40 erano divisi così: 12 il terzo anno, 13 il quarto, 15 il quinto). Ora che si sale a 60, mantenendo più o meno la stessa proporzione, i punti potrebbero dunque essere 18 il terzo anno, 19 il quarto e 23 quinto; oppure 18-20-22. Quindi su 60 punti l’ultimo anno peserebbe per 22-23.

Un altro riguarda le commissioni d’esame. Già in diverse scuole i docenti, soprattutto over 55enni, sono sul piede di guerra per via dei rischi sanitari a cui andrebbero incontro con l’orale in presenza. In caso di defezioni di massa, si potrebbe prima attingere ai prof della stessa scuola e poi eventualmente chiamare in corsa i supplenti. Anche la stessa scelta dei docenti delle commissioni, che andava fatta dal consiglio di classe entro il 30 aprile, rischia di riservare qualche sorpresa. Di norma, si scoraggiano insegnanti in più commissioni; tuttavia, essendo alcune materie da esterne diventate interne, in qualche scuola potrà accadere che i docenti individuati appartengano a più commissioni e che si creino sovrapposizioni, tali da richiedere sostituzioni. Cosa significa? Che gli studenti potrebbero trovarsi a effettuare il colloquio su materie diverse da quelle previste a gennaio.