Coronavirus, riunione dei Ministri UE

La Ministra ha partecipato, nel pomeriggio del 23 giugno, in videoconferenza, alla riunione dei Ministri dell’Unione Europea per discutere dell’impatto del Coronavirus nei settori dell’istruzione e della formazione. L’incontro è stato presieduto dalla Ministra della Scienza e dell’Istruzione croata, Blaženka Divjak, e ha visto la partecipazione anche della Commissaria all’Istruzione, Ricerca, Innovazione, Cultura e Gioventù, Marija Gabriel. Per l’Italia è intervenuto anche il Ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi.
La riunione è stata la quarta dall’inizio dell’emergenza e l’ultima sotto la presidenza croata. I Ministri si sono confrontati sulla ripresa delle lezioni scolastiche e sull’avvio del nuovo anno accademico. Nel corso della riunione è stata anche fatta una riflessione sull’impatto complessivo delle soluzioni di apprendimento a distanza adottate a seguito dell’emergenza sanitaria.
“Ringrazio la collega croata per il lavoro svolto in questi mesi – ha detto la Ministra Azzolina-. In questi giorni, in Italia, abbiamo riaperto le scuole per lo svolgimento in presenza degli Esami di Maturità e ci stiamo preparando per il nuovo anno scolastico. Lo stiamo facendo in una situazione di ‘nuova normalità’, nella quale sussistono ancora pericoli per la salute. In Italia – ha aggiunto la Ministra – in questi mesi abbiamo mobilitato risorse finanziarie per rafforzare la formazione dei docenti, rinnovare l’edilizia scolastica, migliorare l’accesso alla connessione degli studenti svantaggiati. Rafforzare la cooperazione europea ci aiuterà a definire degli orientamenti comuni per assicurare il diritto all’istruzione in momenti di crisi e le pari opportunità di accesso ad ulteriori percorsi di istruzione e alla mobilità tra i Paesi UE. La strategia del Green Deal europeo e la proposta del Recovery Plan – ha concluso – prestano grande attenzione all’istruzione e alla formazione come fattori che sostengono la ripresa dei sistemi economici e sociali, facilitando la transizione verde e digitale per uscire dalla crisi attuale”.

LOGISTICA DEL RIENTRO A SCUOLA DOPO IL LOCK DOWN

LOGISTICA DEL RIENTRO A SCUOLA DOPO IL LOCK DOWN
Proposte per una scuola di qualità in tempo di Covid-19

Quelli che seguono sono suggerimenti operativi per il rientro a scuola permanendo la pandemia Covid-19. Volutamente, non si entra nel merito della necessità di un pronto rientro a scuola per tutti i nostri giovani, che certo è unanimemente condivisa, né della necessità di sostenere i genitori che lavorano quando il figlio è in Didattica a distanza. Ci si limita a esporre alcuni accorgimenti e procedure che possono rendere più agevole la riapertura delle scuole, nel rispetto delle regole e dei limiti vigenti e del diritto alla salute di ciascuno. Un elenco non esaustivo, che invitiamo a utilizzare come punto di partenza per altre e più approfondite riflessioni. Questa ipotesi può essere applicata in qualsiasi contesto scolastico.

VINCOLI

La nostra riflessione è partita dall’analisi dei vincoli esistenti: gruppi di non più di 10 alunni, ulteriormente ridotti nella scuola dell’infanzia, ingressi scaglionati, soprattutto nella scuola superiore, per ridurre l’affollamento dei mezzi pubblici, aerazione continua degli spazi comuni e delle palestre, pulizia approfondita, specie delle superfici di contatto (documento del Comitato tecnico scientifico del 28 maggio 2020 in merito alle ripresa delle attività didattiche); invarianza degli organici di docenti e ATA (Ministero dell’Istruzione); obbligo della mascherina fino al raggiungimento del banco, 2mq di spazio individuale ad alunno, distanza fra docente e banchi di almeno 2 metri, garantire le aree di passaggio (documento della Conferenza delle Regioni in data 11.6.2020).

TEMPISTICA

La prima riflessione riguarda i tempi di rilascio del vaccino: pare di capire che ci vorrà forse un intero anno prima che tutti possano riceverne una dose, per cui non è ipotizzabile una soluzione a breve termine (ad esempio privilegiare le classi terminali), ma occorre pensare una strategia che tuteli al meglio tutta la popolazione scolastica nel lungo periodo.

TURNAZIONE E DIDATTICA DI QUALITA’

Dalla prescrizione di consentire la frequenza a non più di 10 alunni per aula discendono, come conseguenza pressoché inevitabile, la necessità di un numero triplo di aule e di docenti e un aumento del personale di custodia. E’ questo scoglio che finora ha impedito di programmare il rientro a scuola a settembre.
La proposta che avanziamo come Associazione genitori A.Ge. Toscana è quella di effettuare una turnazione di gruppi (max 10 alunni) in costante collegamento con i loro compagni rimasti a casa. In questo modo tutti avranno modo di frequentare e di mantenere un costante rapporto con i propri docenti e la propria classe.

Si ipotizza un avvicendamento settimanale di gruppi prefissati dai docenti e non modificabili (in modo da scongiurare il rischio di contagi incrociati), per consentire la pulizia a fondo dei locali e la sanificazione delle superfici di contatto nella giornata di sabato. A nostro avviso, sarebbe opportuno fornire dei parametri in relazione alle dimensioni delle aule, in modo da consentire maggiore flessibilità a chi dispone di aule più ampie e meglio ventilate e tutelare la salute di chi ha spazi ridotti. Così come si sono previsti ospedali per futuri contagi, potrebbe essere l’occasione per investire in edilizia scolastica ed eliminare le classi pollaio.

Assolutamente indispensabile dotare ogni classe di un’idonea videocamera e rendere effettivo il diritto all’istruzione fornendo a tutti gli alunni che ne hanno necessità gli strumenti e la consulenza necessari per poter fruire della Didattica a distanza. Non è più accettabile che una fetta così grande di alunni resti esclusa dalla didattica perché le scuole non forniscono gli strumenti indispensabili (hardware, software, connessione, consulenza informatica, formazione dei docenti, tempo scuola). Appare necessaria la riconferma degli assistenti tecnici nelle scuole del primo ciclo anche nel prossimo anno scolastico.

ENTRATE SCAGLIONATE E MEZZI DI TRASPORTO

Il documento del Comitato Tecnico Scientifico del 28.5.2020 mostra come nelle ore di punta gravino sui mezzi pubblici gli spostamenti degli studenti delle superiori, con percentuali che oscillano fra il 13,7% di coloro che utilizzano il treno e il 24,7% degli utenti dei pullman. Poiché nella secondaria non è possibile effettuare entrate scaglionate a intervalli inferiori all’ora di lezione, in quanto i professori insegnano in più classi e sezioni e sarebbe impossibile differenziare gli orari di ingresso di singole frazioni orarie, si propongono ore-lezione di 40’-45’ e uno scaglionamento in tre orari di ingresso fra le 7,30 e le 9,00. In questo modo lo spostamento degli studenti sui mezzi pubblici si riduce a 1/9 e si limita la possibilità che gli stessi arrivino in ritardo qualora i mezzi fossero troppo affollati. Pare inoltre ragionevole consentire agli studenti che abitano a oltre mezz’ora di viaggio dalla scuola di scegliere se e in quali giorni del loro turno frequentare in presenza ovvero se fruire della didattica a distanza. Per la primaria e l’infanzia è invece possibile e anzi auspicabile prevedere ingressi differenziati con intervalli di 15’ circa.

FORMAZIONE E COINVOLGIMENTO ATTIVO DI ALUNNI E FAMIGLIE

In tutti i documenti contenenti indicazioni sulle modalità di prevenzione si sottolinea che è un elemento indispensabile la fattiva collaborazione delle persone. Trattandosi di minori, si evidenzia il ruolo fondamentale delle famiglie nel far accettare e interiorizzare le regole di comportamento.
Sarebbe auspicabile che ciascuna scuola iniziasse fin d’ora a programmare strategie di coinvolgimento (es. cartellonistica realizzata dalle classe, concorso di idee, formazione dei genitori da parte dei ragazzi).

PULIZIA, IGIENE E AUMENTO DEGLI ORGANICI

Appare indispensabile un aumento del personale collaboratore scolastico, sia per le pulizie approfondite da effettuare a ogni cambio turno, segnatamente nella giornata di sabato, sia per garantire un’idonea sorveglianza. Nella scuola dell’infanzia si tratterà di coadiuvare strettamente i docenti nella gestione di bambini così piccoli da non poter garantire il necessario distanziamento sociale; negli altri ordini di scuola occorrerà sorvegliare gli spazi e i momenti di possibile assembramento, come la ricreazione, l’utilizzo dei servizi igienici, gli spostamenti da e verso la palestra, i corridoi e gli spazi comuni.

Particolarmente problematica appare la pulizia delle cattedre al cambio dell’ora e dei laboratori al succedersi dei gruppi. Si potrà ovviare stabilendo procedure in collaborazione con alunni e docenti.
Per l’uso dei bagni, in particolare, occorrerà garantire la sorveglianza di almeno un bagno dei maschi e un bagno delle femmine in ogni piano per tutto il tempo scuola. Durante la ricreazione, sembra verosimile che possa essere consentito l’accesso ai soli servizi igienici sorvegliati, i quali non potranno ovviamente essere superiori al numero di collaboratori scolastici in servizio. Visto che sembra sconsigliabile far accedere ai servizi più di un alunno per volta, occorre anche tener presente, nella pianificazione degli orari, il tempo occorrente per consentirne a tutti la fruizione e/o prevedere eventuali turnazioni. Da considerare con attenzione anche le necessità di aerazione di classi e laboratori, specie nel periodo invernale.

Per la ricreazione, occorrerà valutare se effettuare una turnazione e prevedere attività motorie, possibilmente all’aperto, in modo che gli alunni abbiano modo di muoversi e giocare, dopo l’immobilità quasi forzata delle ore di lezione. Se possibile, evitare che consumino la merenda al banco.
Occorrerà un aumento di docenti per sostituire coloro che rientrano nella categoria dei “lavoratori fragili” e degli insegnanti dell’infanzia ultrasessantenni, che risultano particolarmente a rischio per età e condizioni di lavoro. Sembra sconsigliabile utilizzare spazi non scolastici, sempre se idonei al funzionamento delle classi, perché questo farebbe aumentare notevolmente il numero di collaboratori scolastici e di docenti necessari.

SCUOLA DELL’INFANZIA E NIDI

Le scuola che sembrano maggiormente a rischio sono i nidi e le scuole dell’infanzia. Non solo per la difficoltà nel gestire i bambini in sicurezza per loro e per il personale, ma anche nella prospettiva dell’inserimento di bambini piccolissimi in un ambiente a loro ignoto. I loro pianti, i loro strepiti, i ripetuti tentativi di fuga mal si coniugano con una situazione epidemica latente come l’attuale, senza contare l’esperienza traumatica che può costituire per loro.

Inoltre i piccoli, lo sappiamo, si mettono in bocca di tutto, dalle mani ai giocattoli, si abbracciano, si scambiano cibo: è una situazione di rischio reale che ha indotto il Comitato Tecnico Scientifico a prevedere gruppi ancora meno numerosi che negli altri ordini di scuola e la possibilità, per il personale, di dotarsi di guanti in nitrile e di altri presidi (dispositivi di protezione per occhi, viso e mucose) se ritenuto necessario. Non si è però tenuto conto dell’impatto psicologico di tutto ciò si bambini. Esperienze di incontro fra l’insegnante e i propri alunni, dopo mesi di incontri a distanza, hanno mostrato che i bambini hanno paura di quella persona, per loro irriconoscibile dietro una mascherina.

Le insegnanti sapranno senz’altro ovviare proponendo l’anomala situazione come un gioco, ad esempio decorando le mascherine come se fossero clown, ma la situazione resta comunque molto critica e non sappiamo se consigliare alle famiglie di mandare i figli a scuola, finché perdura l’epidemia, soprattutto se in famiglia sono presenti anziani che si prendono cura dei bambini.

UTILIZZARE I FINANZIAMENTI

L’invito alle scuole è quello di affrettarsi a programmare per spendere i consistenti finanziamenti legati al decreto “Rilancio” (art. 231 D.L. 19.5.2020, n. 34), in quanto gli stessi dovranno essere restituiti allo Stato se non impegnati entro il 30 settembre 2020.
Superata l’ipotesi plexiglass, si fa avanti la necessità di aerare frequentemente i locali, anche in pieno inverno. Occorre pensare a stufe e impianti di riscaldamento, poi occorrono dispenser di disinfettante per le mani in ogni classe e laboratorio; all’ingresso si può pensare a un dispenser a colonna no touch e a un rilevatore di temperatura corporea, poi alla segnaletica, a videocamere e microfoni adeguati in ogni classe, a fornire la connessione a internet ad alunni e insegnanti che ne hanno necessità; al supporto informatico e a quello psicologico, che è molto richiesto. Nulla vieta di ordinare pareti in cartongesso, per meglio utilizzare gli spazi, o di programmare un potenziamento laboratori. Rimane sempre valida la scelta di acquistare tablet e notebook da dare in comodato agli alunni che ne sono sprovvisti, con una particolare attenzione ai devices per i portatori di handicap e di bisogni educativi speciali. Quanto alla sanificazione, saranno efficaci i dispositivi all’ozono e/o ai raggi ultravioletti? Qualcuno forse dovrebbe esprimersi.

AGE Toscana

L’Istruzione ai margini degli Stati generali sull’Economia

L’Istruzione ai margini degli Stati generali sull’Economia

di Gian Carlo Sacchi

Una grande consultazione per far ripartire l’economia italiana dopo la pandemia non poteva che annoverare tra i suoi obiettivi la ricerca e la formazione, tanto poi come in tante altre occasioni vengono tralasciate per altre priorità più legate al mondo del lavoro e della produzione. Tant’è che gli stati generali convocati dal presidente del consiglio sembravano appannaggio delle sole categorie economiche senza che aldilà delle generiche buone intenzioni si ravvisassero interventi specifici nel mondo dell’istruzione.

Ad un certo punto della kermesse sono sbucate dieci schede (Dieci schede per la Scuola) che riguardano questo settore in cui venivano elaborate proposte anche molto dettagliate con altrettante previsioni finanziarie, che però hanno fatto una fugace apparizione e non risultano nei documenti finali, facendo temere che si tratti di un’iniziativa estemporanea forse costruita dall’esterno, visto che gli organismi politici e ministeriali in questo momento guardano altrove, ma che comunque varrebbe la pena di recuperare e far giungere a chi di dovere, governo e parlamento, magari per i tempi medi, in quanto potrebbero operare una svolta nel sistema che fa bene anche alla cura istituzionale dopo il corona virus.

Le schede affrontano diversi temi, tutti di grande attualità per l’innovazione scolastica, che seppur ispirate da diverse scuole di pensiero possono comunque costituire un passo avanti per auspicabili processi di riforma sui quali l’attuale classe politica nel suo complesso sembra non aver le idee chiare e gli estensori delle schede potrebbero fornire un importante contributo. Qualunque sia la verità sulla redazione di quei documenti vale la pena di utilizzarli per riaprire il dibattito sulle cose che contano e che bisogna affrontare anche se non sempre ci vengono prospettare soluzioni coraggiose e di effettivo cambiamento.

Delle dieci proposizioni vorremmo soffermarci su due nella convinzione che possano ridare efficacia all’intero sistema con soluzioni che già sono presenti nell’ordinamento ma non realizzate per effetto della debolezza politica da sempre presente sulla scuola e del centralismo burocratico, e altre che necessitano di un percorso legislativo che sarebbe il caso di avviare per non ridurre l’attività del Parlamento alla sola problematica dei precari che oltre alla garanzia del posto di lavoro avrebbero bisogno di una vigorosa iniezione di professionalità.

Il primo tema è tornare a parlare di autonomia, evocato da più parti ma vincolato da una gestione centralistica dalla quale la scheda non prende completamente le distanze. Autonomia vuol dire spazi e tempi per stare sul territorio, risorse economiche e di personale impiegate in base al progetto formativo e rendicontazione soprattutto sul piano sociale dei risultati. Tutte indicazioni già presenti nella normativa che le scuole non utilizzeranno mai se alla fine si pretende da loro comportamenti standard perfino nella strumentazione e prassi amministrativa.

Il curricolo di istituto (80% nazionale e 20% locale)prevede già la possibilità di inserire una componente regionale, che rimarrà lettera morta se deve sottostare a previsioni di organici ministeriali rigide. Sarebbe bello applicare il DPR 255/1999 sull’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca e sviluppo, ma ci sarebbe anche il D.legvo 112/1998 per quanto riguarda i rapporti con regioni ed enti locali, la legge 42/1999 e la 107/2015 per quanto riguarda i finanziamenti “multilivello” e la partecipazione alle entrate fiscali del territorio stesso.  

Tutte queste disposizioni hanno un dato in comune, la flessibilità che è appunto il comportamento plastico dell’autonomia e prevede la possibilità di valorizzare diversi ambienti di apprendimento, che potrebbe risolvere anche il problema del funzionamento in relazione all’emergenza sanitaria, mentre siamo ancora nell’ottica dell’adempimento uniforme che conduce lo sguardo delle scuole in verticale, verso il ministero e non come dovrebbe essere in orizzontale per far fronte alle necessità delle realtà in cui esse vivono e non solo lavorano.

Da qui nasce la motivazione a valorizzare le figure professionali, a cominciare dal riconoscimento economico e di carriera dei docenti perlomeno equiparato ai colleghi europei; di questo la politica parla quando è alla ricerca del consenso, ma senza nessun risultato concreto. Si torna a trattare della figura del dirigente, la cui funzione è su un binario morto, ma se l’autonomia è conferire all’istituzione scolastica una pluralità di competenze allora occorre una leadership diffusa, cioè una serie di figure intermedie con adeguata specializzazione. Perfino per l’ispettore scolastico si dovrebbe prevedere autonomia, come avviene in altri Paesi, così potrebbe autorevolmente intervenire in strutture territoriali che si occupano di valutazione del sistema, ma anche di ricerca e di formazione del personale, mentre si ha motivo di credere, anche in vista di un nuovo reclutamento, che continui a trattarsi di figura burocratica alle dipendenza dell’amministrazione scolastica, come del resto avviene per gli stessi dirigenti e per il loro ruolo nell’ambito degli organi collegiali, che andrebbero riformati proprio per valorizzarne l’autonomia.

La scheda non ha però il coraggio di andare fino in fondo, prevedendo il ripristino della funzionalità giuridica e amministrativa degli uffici scolastici regionali e territoriali anziché la loro abolizione, come si era tentato ai tempi delle riforme Bassanini e attorno alla modifica del titolo quinto della Costituzione. Si ricorderà il tentativo di trasformare le prefetture in uffici territoriali del governo unificando le strutture locali dei vari ministeri (D.leg.vo 300/1999): nulla di fatto, anzi quelle regionali della pubblica istruzione hanno più poteri in termini di governance del ministero centrale, ma per ora la logica non cambia, speriamo nel tentativo da parte delle regioni di vedersi attribuite più competenze in tale settore.

Alle scuole autonome manca una rappresentanza sul piano istituzionale e territoriale (Consiglio Nazionale dell’autonomia ?); le reti sono di scopo con compiti di carattere esecutivo e nei territori regionali difficili sono i rapporti tra innumerevoli realtà scolastiche sparse che peraltro rispondono ad un ufficio statale e le emanazioni degli enti locali e della medesima regione.   

L’altra scheda degna di interesse è quella che si occupa delle scuole superiori come campus, che ipotizza una riforma della struttura che potremmo definire leggera e per questo forse più facile da realizzare e capace di conferire una maggiore flessibilità al sistema ed un ordinamento già in grado di recepire le modifiche.

La parola campus venne introdotta dalla riforma Moratti del 2003 e serviva per raccordare a livello territoriale diversi istituti che per effetto del dimensionamento dovuto al riconoscimento dell’autonomia erano stati accorpati, creando un’osmosi tra questi per migliorare l’offerta formativa, il riorientamento degli allievi, nonché rafforzare la formazione generale. Questa indicazione potrebbe essere seguita per la generalizzazione degli istituti comprensivi del primo ciclo e la costituzione dei poli per l’infanzia recentemente introdotti dal D.Legvo 65/2017.

Il secondo cambiamento riguarda la durata quadriennale dei vari gradi di scuola, aggiungendo un anno della primaria alla secondaria di primo grado e finendo le superiori a 18 anni, con la maggiore età,  destinando il quinto ad attività formative non formali ma altrettanto utili, come un erasmus per la scuola, nonché un periodo di servizio civile/ambientale, alternanza scuola-lavoro, anche al fine di accumulare crediti per l’istruzione terziaria, accademica e non ed il mondo del lavoro.

La proposta continua con l’innalzamento dell’obbligo di istruzione alla conclusione del secondo ciclo, e qui bisogna intendersi se devono essere obbligati i giovani, come è accaduto per il biennio, con i risultati che sappiamo sul piano dell’abbandono e dell’insuccesso, di fronte ad un curricolo rigido e uguale per tutti, con risultati attesi nell’arco di una molteplicità di discipline per l’accesso alle classi successive, o se sia l’obbligo del sistema di far raggiungere a tutti almeno il diploma superiore, con la necessaria flessibilità, superando le classi omogenee per età, per un sistema di debiti/crediti, che costruisca il curriculum dello studente con le competenze effettivamente raggiunte.

Gli esami al termine dei due cicli dovranno essere un bilancio del lavoro svolto dagli allievi e dalla scuola, superando gli obsoleti dibattiti sul buonismo con elevati risultati regalati o evocando selezioni senza che vi sia da parte dello studente motivazione e partecipazione alla definizione del piano di studi, con conseguente impegno nell’effettivo apprendimento.

L’epidemia ha portato alle prove finali che abbiamo visto quest’anno, ma potrebbero essere mantenute anche in tempi di pace; da un semplice, ma non tanto, colloquio si può evincere, come hanno detto diversi presidenti di commissione, il dato di personalità e di preparazione. Ancora una volta il nostro ordinamento sarebbe già pronto per andare in quella direzione, avendo anche i necessari riconoscimenti delle competenze a livello internazionale.

Si è voluto enfatizzare il contenuto delle schede ritenute più importanti per un rilancio del sistema scolastico nel suo complesso; sono state solo una provocazione ? Varrebbe la pena comunque riprenderle ed offrirle ad una politica che al di la delle enunciazioni, ormai ovvie, non riesce a strutturare proposte concrete ed efficaci, e che oltre alle questioni sanitarie ha bisogno di aiuto sul piano dell’innovazione didattica e organizzativa.

Chi ha compilato le schede potrebbe farsi carico di riaprire il discorso, richiamando esperti, operatori e la stampa specializzata, coinvolgendo anche i politici e portando le riflessioni alle conclusioni degli stati generali, anche questo vuole essere un piccolo contributo.

Scuole a caccia di aule per settembre

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Sono ore cruciali per la riapertura delle scuole. Se la scorsa è stata la settimana delle schermaglie tra ministero dell’Istruzione e Regioni quella appena iniziata dovrebbe essere quella dell’intesa sulle regole per il ritorno in classe dopo l’estate. Nella migliore delle ipotesi, che presuppone un livello di contagio da Covid-19 ancora sotto controllo, si punterà su distanza di sicurezza e mascherine semi-obbligatorie. Mentre nella peggiore, e cioè con un nuovo lockdown in atto, ci si affiderà a una didattica a distanza 2.0, con indicazioni centralizzate per evitare lo spontaneismo dei mesi scorsi. Sono i due scenari che il ministero dell’Istruzione, d’intesa con il Comitato tecnico-scientifico, dovrebbe formalizzare nelle linee guida per la Fase 3 degli istituti scolastici attese a giorni. Un minuto dopo, nei tavoli territoriali già istituiti o in via di istituzione, partirà la caccia ai nuovi (e maggiori) spazi da reperire per garantire, almeno sulla carta, a tutti gli alunni la didattica in presenza.

Linee guida all’ultimo miglio

Mettendo da parte in questa sede lo scenario più pessimistico, che lo stesso ministero considera poco probabile, concentriamoci allora sull’altro. Alla presenza di Regioni ed enti locali la ministra dell’Istruzione, probabilmente tra mercoledì e giovedì, illustrerà le sue decisioni per riaprire tutte le scuole a settembre. Le linee guida in arrivo si annunciano snelle; la base di partenza saranno le istruzioni già fornite dal Comitato tecnico-scientifico (Cts) del ministero della Salute. Immaginando un quadro epidemiologico ancora sotto controllo verrà ricordata l’importanza delle norme di igiene personale, la necessità di misurare la febbre prima di arrivare a scuola (con l’obbligo di restare a casa con temperatura superiore ai 37,5) e l’obbligo del distanziamento. Qui resta un primo punto interrogativo (un metro di distanza in classe e due in palestra come indicato dal Cts oppure gli 1,96 metri quadri citati nei tavoli tecnici ?) e le 48-72 ore che mancano all’ora X serviranno probabilmente a trovare una risposta. Così come dovrebbe arrivare una parola di chiarezza sulle mascherine. Annunciate in un primo momento come obbligatorie dai 6 anni in più potrebbero restare tali solo negli spazi comuni mentre in classe, se si rispetterà il distanziamento, potrebbero essere tolte. Sulla falsariga di quanto deciso dalla Spagna nei giorni scorsi.

Il modello maturità

Le linee guida saranno solo una traccia. Dello svolgimento si occuperanno, verificando scuola per scuola, i tavoli regionali formati da uffici scolastici, enti locali e sindacati. Nella speranza di replicare il modello-maturità che a quanto pare sta funzionando grazie anche al coinvolgimento di Croce rossa e Cts a cui dirigenti scolastici hanno sottoposto via via i loro dubbi. E a tenere le fila ci sarà anche un tavolo nazionale di monitoraggio. Con due parole d’ordine già scritte: non lasciare indietro gli studenti con disabilità e agire con rapidità. In attesa di decidere – sempre con le regioni e sempre tra mercoledì e giovedì – se le lezioni partiranno il 14 settembre come proposto dalla ministra Azzolina un appuntamento da segnare in rosso sul calendario già c’è: il 1° settembre quando le scuole potranno avviare le attività di recupero per gli alunni promossi (causa pandemia) con una o più insufficienze.

Spazi alternativi alle aule

Che il nostro patrimonio scolastico è vetusto e inadeguato ormai è noto. E lo sarà ancora di più quando arriverà il cruscotto informativo messo a punto da viale Trastevere (e annunciato dalla viceministra Anna Ascani sul Sole 24Ore del 12 giugno). Anche il tema delle classi sovraffollate lo conosciamo bene e i numeri pubblicati in pagina dimostrano come sia difficile immaginare di trovare spazi alternativi all’interno degli stessi edifici scolastici (ad esempio in palestra o aula magna). Per risolvere le criticità maggiori, che dovrebbero essere concentrate in un 20-25% delle scuole superiori dei grandi centri, si punterà sui patti di comunità e sull’autonomia delle scuole in modo da usare le risorse del territorio. Nell’ottica non solo di trovare altro spazio fisico per le lezioni ma anche di innovare la didattica sia il ministero che gli enti locali hanno avviato una ricognizione degli spazi riconvertibili (a cominciare dalle scuole dismesse per il dimensionamento. Ma la caccia è appena all’inizio e il risultato non è scontato.

Maturità 2020: per uno studente su due maxi orale più complicato del previsto

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Un esame “vero”, a dispetto di quanti parlavano di una prova facilitata dalle circostanze, quasi inutile. Sembra proprio che le scuole abbiano preso sul serio la complessa missione che il ministero dell’Istruzione gli ha affidato: far sì che la maturità 2020, nonostante il taglio degli scritti e la ristrutturazione dell’orale, fosse un test affidabile per verificare la preparazione degli studenti. A dirlo sono gli stessi ragazzi che già hanno affrontato il maxi orale: 300 maturandi che hanno affidato al sito Skuola.net le loro impressioni nell’immediato post-esame.

Perché quasi 1 su 2 confessa di essere rimasto spiazzato dallo svolgimento di un prova che si è dimostrata più difficile del previsto; mentre più di 6 su 10 raccontano di commissari molto formali (37%) se non addirittura «rigidi» (24%). Alla fine, solo 1 su 3 ha trovato l’orale più semplice di quanto si aspettasse.

Più in linea con le aspettative, cioè complesso, l’approccio dei ragazzi con l’altro grande elemento di novità di questa anomala maturità: le norme di sicurezza. Quasi la metà dei maturandi intervistati (44%) ammette di aver commesso qualche errore e di non essere riuscito a rispettare tutte le prescrizioni. Se non ci fosse stato il personale scolastico ad aiutarli probabilmente neanche si sarebbero potuti sedere di fronte alla commissione. E l’altro 56% ha evitato passi falsi solo perché aveva ripassato a casa tutti i passaggi del protocollo. A tradire così tanti studenti potrebbe essere stata la tensione, visto che per il 30% di loro le procedure socio-sanitarie hanno rappresentato una vera e propria fonte d’ansia aggiuntiva.

Restando in argomento sicurezza, un altro tema che ha animato la vigilia dell’esame è stato quello dei professori cosiddetti ‘fragili’, che per ragioni d’età o di salute avrebbero potuto chiedere di non essere presenti a scuola ma di collegarsi online per interrogare i candidati. Si temeva un’assenza (fisica) di massa e, stando a quanto dicono i maturandi interrogati da Skuola.net in queste prime ore d’esame, il fenomeno è effettivamente diffuso: è vero che 6 studenti su 10 hanno potuto confrontarsi con una commissione completamente in presenza ma, nel resto delle aule (37%), almeno un docente è rimasto a casa, facendo le sue domande attraverso un computer.

Ma, a parte gli aspetti formali, come sono andate le prove? Sì partiva con l’elaborato sulle materie d’indirizzo (al posto della seconda prova scritta), su un argomento concordato e preparato a casa con largo anticipo. In teoria doveva essere tutto sotto controllo. Anche qui, però, le difficoltà non sono mancate: il 38% degli intervistati racconta di essere andato in confusione o di essersi bloccato. Tutto sommato è andata meglio con i quesiti ‘al buio’, quelli sul resto dei programmi: appena 1 su 4 si è salvato dall’interrogazione supplementare. Ma le domande extra dei commissari, seppur numerose, non hanno fatto grossi danni: 3 studenti su 4 dicono di aver saputo rispondere correttamente a tutto. Bene pure l’analisi del testo d’Italiano, svolta oralmente (in sostituzione del primo scritto): proposte soprattutto poesie (opzione più gradita alla maggior parte dei maturandi) e quasi sempre gli autori erano tra i più approfonditi in classe (Pascoli, Leopardi, D’Annunzio, Pirandello, Ungaretti, Montale, e altri).

Al via degli orali c’era parecchia curiosità per verificare anche se i docenti avrebbero recepito l’invito della ministra dell’Istruzione, approfittando delle domande di Cittadinanza e Costituzione per chiedere qualcosa su come avessero vissuto i ragazzi l’emergenza sanitaria e il lungo lockdown. Un assist che ha raccolto circa il 60% delle commissioni d’esame: il 15% si è concentrata solo su quello, magari allargando il discorso alle norme richiamate più volte in questi mesi (come il Dpcm, gli articoli della Costituzione sul diritto alla salute e sulla libera circolazione delle persone, ecc.); il 43% ha aggiunto domande più generali.

E ora? Cosa faranno i ragazzi subito dopo essersi tolti questa incombenza e aver agguantato il diploma? La testa è già proiettata al futuro: il 37% assicura che si metterà subito sotto per preparare test d’ingresso all’università e selezioni varie. Un altro 30%, però, per il momento si limiterà a riposarsi dopo settimane ad alta tensione. Ma 1 su 3 non rinuncerà al viaggio di maturità. Anche se, vista la situazione, quasi sicuramente sarà in Italia.

Piano annuale integrazione, lo speciale: alunni con BES, con sostegno, stranieri e adottati

da Orizzontescuola

di Antonio Fundaro

Come prevede la Circolare ministeriale n. 8 Prot. 561 del 6 marzo 2013, il Dirigente deve convocare, entro il 30 giugno, il collegio dei docenti per illustrare il ‘Piano Annuale per l’Inclusione’ per l’anno scolastico 2020/2021. In questa pagina raccogliamo gli 8 articoli che formano una guida completa per il PAI.

La guida è stata realizzata da Antonio Fundarò

Cosa prevede la normativa
Nella prima parte il Piano deve riportare: la rilevazione dei BES presenti, le risorse professionali specifiche, il coinvolgimento docenti curricolari, del personale Ata, delle famiglie, del territorio e i punti di forza e di criticità. Nella seconda parte il Piano deve indicare gli obiettivi di incremento dell’inclusività per il prossimo anno. Il PAI è un documento autonomo, ma ricompreso per larga parte nel PTOF. Ad approvare il documento sarà il collegio dei docenti. Vai all’articolo

Cosa fa GLHI, GLI e GLH operativo in vista della scadenza del 30 giugno
In occasione degli adempimenti previsti per questo fine mese ci soffermiamo sulle funzioni di alcuni gruppi per l’inclusione istituiti dalle istituzioni scolastiche. Vai all’articolo

Cosa scrivere, ecco i modelli. Scaricali gratis
Il PAI, come già sottolineato, intende promuovere il passaggio da una logica dell’integrazione delle diversità, statica che assimila, ad una logica dell’inclusione dinamica, intesa, quindi, come un processo che riconosca la rilevanza della piena partecipazione alla vita scolastica da parte di tutti … Vai all’articolo

I protocolli di accoglienza: cosa sono, cosa scrivere. Modelli ed esempi da scaricare
Come abbiamo visto nei precedenti articoli, una delle caratteristiche che contraddistinguono la scuola italiana è l’impegno, diventato deciso e forte, all’inclusione. Vai all’articolo

Progetto per accogliere e includere gli studenti non italiani. Scarica modelli ed esempi
Il “Protocollo per l’accoglienza e l’inclusione degli alunni non italiani” tiene conto dei bisogni linguistici degli alunni non italiani. Vai all’articolo

Studenti con handicap, BES, DSA: tutti i documenti per l’inclusione. PDP, PEI, verbali, vademecum e molto altro. Scaricali gratis
Parlare di inclusione, come visto, è continuare a ragionare su una molteplicità di documenti da redigere e adottare (talvolta, per carità, utilizzando una modulistica fin troppo nota) per disporre di un quadro completo ed esaustivo della questione inerente alla questione. Vai all’articolo

Valutare il livello di inclusione in una scuola, l’auto-analisi: questionari da scaricare gratuitamente
Valutare il livello di inclusione percepito in una scuola, mediante la somministrazione dei questionari dell’INDEX, strumento destinato alle istituzioni scolastiche che hanno come obiettivo la trasformazione della loro cultura e delle loro pratiche, è necessario e indifferibile per arrivare a essere… Vai all’articolo

Il “Protocollo degli alunni adottati”. Scaricalo gratis. Con modello raccolta dati
Le “Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati” del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la partecipazione, del Ministero dell’Istruzione, di fatto forniscono dettagliati elementi va… Vai all’articolo

Test sierologici a docenti, ATA, dirigenti a settembre: Conte favorevole

da Orizzontescuola

di redazione

Rientro a scuola a settembre e test sierologici a tutti i docenti, ATA, dirigenti. Il premier Giuseppe Conte sarebbe favorevole.

Dal primo settembre tutti in classe, con un piano pedagogico nazionale per il recupero del debito formativo accumulato negli ultimi mesi da tutti gli alunni e gli studenti; una roadmap rigorosa sulla sicurezza: dai test sierologici per il personale scolastico alla sanificazione di tutti i locali; e una riserva del 15 per cento di tutti i finanziamenti pubblici e del 20% di quelli europei da destinare a scuola e infanzia”. Questo il contenuto della risoluzione presentata in Commissione Cultura da oltre 20 parlamentari di tutti i gruppi politici di maggioranza qualche giorno fa.

Alla ripresa delle lezioni, prevista per il 14 settembre, come detto dalla ministra Azzolina poco fa su Facebook, si potrebbero effettuare i test sierologici a tutto il personale scolastico. Secondo quanto apprende Agi, ne hanno discusso oggi il presidente del Consiglio Conte e il Comitato tecnico scientifico, mostrandosi favorevoli all’ipotesi.

La proposta di Zingaretti “Scuola sicura” potrebbe quindi diventare nazionale.

Le linee guida per il rientro a settembre, ha annunciato la ministra dell’istruzione, saranno emanate entro la fine della settimana.

Rientro a settembre, via libera a linee guida tra mercoledì e giovedì

da Orizzontescuola

di redazione

Rientro a scuola: linee guida tra mercoledì e giovedì. Data inizio lezioni: quasi confermata quella del 14 circolata nei giorni scorsi.

“Aspettiamo il testo dal ministero – spiega all’ANSA Cristina Grieco, coordinatrice della Commissione Istruzione della Conferenza delle Regioni – lo esamineremo e nella Conferenza straordinaria che si terrà probabilmente giovedì daremo il parere. La nostra intenzione è di trovare una intesa”. In quella sede si deciderà anche la data di rientro a scuola che sarà molto probabilmente il 14 settembre.

“E’ la data più gradita a tutti anche se ci sono voci contrarie. Chiederemo comunque di avere meno disagi possibili nelle scuole laddove ci saranno elezioni. Sarebbe importante trovare altre sedi per i seggi elettorali, anche per il futuro. La collaborazione è massima, la partita è molto importante”.

Subito dopo le linee guida i tavoli regionali inizieranno a lavorare insieme alle scuole.

Esami idoneità e integrativi, parere CSPI: per quest’anno solo colloquio orale

da Orizzontescuola

di redazione

Nella seduta del 18 giugno 2020, il Consiglio superiore della Pubblica istruzione ha espresso parere sullo schema di ordinanza concernente “Gli esami di idoneità, integrativi, preliminari e la
sessione straordinaria dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione per l’anno scolastico 2019/2020”.

In primo luogo, il CSPI rileva che gli esami di idoneità nel primo ciclo sono regolati degli artt. 10 e 23 del Decreto legislativo, richiamati anche nello schema di Ordinanza, mentre per gli esami di idoneità e integrativi nel secondo ciclo manca la norma primaria che ne definisce le modalità di
svolgimento. Tale assenza costituisce un limite alla chiarezza del testo dell’art. 3 dell’Ordinanza in esame, nella parte in cui annovera tra i soggetti che possono sostenere gli esami di idoneità “i candidati interni, dotati di promozione nello scrutinio finale, al fine di accedere a una classe
successiva a quella per cui possiedono il titolo di ammissione”, sottintendendo erroneamente la possibilità di una sorta di abbreviazione del corso di studi.

Il CSPI rileva che l’unico riferimento legislativo valido per tutto il secondo ciclo di istruzione resta il R.D. 4 maggio 1925, n. 653 (da ora Regio Decreto), ancora in vigore che, agli artt. 40 e segg., prevede la possibilità per glistudenti frequentanti di accedere attraverso un esame di idoneità
ad una classe successiva a quella per cui si possiede il titolo di ammissione, a condizione che dall’iscrizione alla classe iniziale del corso di studi sia trascorso un intervallo temporale pari a quello della durata del corso di studi stesso.

Per il CSPI è dunque necessario un complessivo riordino della materia riguardante gli esami di idoneità e integrativi nella scuola secondaria di secondo grado, che tenga conto sia della necessità di sottrarre all’abrogazione l’art. 192 del Testo Unico anche per i licei sia dell’intervenuto innalzamento dell’obbligo di istruzione con la legge 27 dicembre 2006, n. 296, e della conseguente possibilità di estendere l’istruzione parentale fino alla classe seconda della scuola secondaria di
secondo grado.

Inoltre, il CSPI  ritiene necessario che anche gli esami di idoneità nel primo e nel secondo ciclo e gli esami integrativi nel secondo ciclo possano consistere in un colloquio.

Considerata la difficile situazione che la scuola italiana sta attraversando a causa dell’emergenza sanitaria e che potrebbe provocare l’incremento della dispersione scolastica, secondo il CSPI bisogna agevolare il passaggio da un percorso all’altro del secondo ciclo, programmando il recupero degli obiettivi di apprendimento non completamente acquisiti attraverso le attività che tutte le scuole svolgeranno nella prima fase del prossimo anno scolastico.

Tutte le proposte di modifica e i suggerimenti nel parere CSPI

Mobilità docenti, ATA e personale educativo, tra pochi giorni i risultati. Tutte le date

da Orizzontescuola

di redazione

Mobilità anno scolastico 2020/21: tutte le date. I primi movimenti ad essere pubblicati dal Ministero saranno quelli dei docenti, il 29 giugno. Ancora non avviata la contrattazione per le assegnazioni provvisorie.

Docenti 

Pubblicazione trasferimenti e passaggi di cattedra e/o ruolo il 29 giugno.

Personale ATA 

Pubblicazione movimenti il 6 luglio

Personale educativo

Pubblicazione movimenti il 10 luglio

IRC

Pubblicazione il 1° luglio

Assegnazioni provvisorie

Educazione civica: 33 ore sono poche per affrontare tutte le aree tematiche indicate nella Legge

da Orizzontescuola

di Francesco Rutigliano

Spesso si sente parlare del fatto che i giovani non hanno valori in cui credere, della loro progressiva perdita di punti di riferimento fondamentali. Le istituzioni politiche, la famiglia, i media e la societá in generale stanno perdendo quel ruolo di guida che dovrebbe aiutare i giovani a diventare adulti, cittadini attivi e responsabili all’interno della propria realtá.

All’interno di questo contesto il ruolo dell’educazione civica é fondamentale, in quanto insegnamento volto alla formazione dei futuri cittadini. In questo contesto assume estrema importanza consentire agli studenti uno sviluppo culturale, valoriale e una più approfondita consapevolezza critica sui temi della cittadinanza. Il percorso dell’educazione civica in Italia ha dimostrato che questo insegnamento é sempre rimasto un’appendice delle restanti materie scolastiche.

L’educazione civica é stata definita la “materia cenerentola” della scuola italiana. Questo nonostante le istituzioni a livello internazionale si sono impegnate da anni nella promozione dell’educazione alla cittadinanza, ritenuta indispensabile per la partecipazione attiva dei futuri cittadini. Ad oggi, non esiste una specifica epistemologia della disciplina “educazione civica”, che, nella tradizione degli ultimi sessant’anni (a partire dal DPR 285/1958 e successivamente dalla Legge n. 53/2003 e Legge n. 169/2008), è passata come insegnamento trasversale e non come “autonoma disciplina” e non esistono sperimentazioni di scuole che abbiano promosso l’educazione civica come materia a sé stante.

I temi di cittadinanza sono stati, invece, finora, normati in Italia con dispositivi generalisti e con riferimento a contenuti trasversali ad alcune discipline (italiano, storia, geografia, diritto, economia). Una vera prima introduzione della materia nella scuola venne fatta con la Legge 169/2008, ricordata come Riforma Gelmini, con cui venne fatto confluire obiettivi e conoscenze dell’educazione nel nuovo insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, con l’obiettivo di costruire più ampie competenze di cittadinanza, rispetto agli obiettivi del tradizionale insegnamento di educazione civica. Insomma, si voleva far maturare competenze e comportamenti di cittadinanza attiva ispirati ai valori della responsabilità, legalità, partecipazione e solidarietà.

La Legge 20 agosto 2019, n. 92 ha previsto, a decorrere dal 1° settembre dell’anno scolastico successivo alla data della sua entrata in vigore (5 settembre 2019) – dunque, dall’a.s. 2020/2021 – l’introduzione dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, per un numero di ore annue non inferiore a 33 (corrispondente a 1 ora a settimana), da svolgersi nell’ambito del monte orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti, e l’avvio di iniziative di sensibilizzazione alla cittadinanza responsabile nella scuola dell’infanzia. L’insegnamento sostituisce quello di Cittadinanza e Costituzione, introdotto dal D.L. 137/2008 (L. 169/2008: art. 1). Da ultimo, il D.L. 126/2019 (L. 159/2019: art. 7) ha precisato che l’introduzione di tale insegnamento non determina un incremento della dotazione organica complessiva né l’adeguamento dell’organico dell’autonomia alle situazioni di fatto oltre i limiti del contingente previsto dalla L. 107/2015.

Con la legge n.92/2019 il legislatore ha voluto fissare il principio secondo cui “L’educazione civica contribuisce a formare cittadini responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri. L’educazione civica sviluppa nelle istituzioni scolastiche la conoscenza della Costituzione italiana e delle istituzioni dell’Unione europea per sostanziare, in particolare, la condivisione e la promozione dei principi di legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale e diritto alla salute e al benessere della persona”.

Pertanto, dal prossimo anno scolastico l’educazione civica sarà di nuovo in classe, sia nella primaria che nella secondaria. Il nuovo insegnamento richiederà la pianificazione del relativo monte ore e l’individuazione degli insegnanti. In base alla Legge 92/2019 dal 1° settembre 2020 nelle scuole di ogni ordine e grado, l’educazione civica verrà insegnata senza l’aggiunta di ore di insegnamento e reclutamento di nuovi insegnanti con competenze specifiche. Ogni istituzione scolastica dovrà prevedere per almeno 33 ore di insegnamento di educazione civica, non aggiuntive ma attraverso una curvatura degli insegnamenti proposti nella propria offerta formativa. Mentre per la scuola dell’infanzia è previsto che siano proposte iniziative di sensibilizzazione al tema della cittadinanza responsabile. Per raggiungere il predetto orario gli istituti scolastici possono avvalersi della quota di autonomia demandata alle scuole stesse. Sul punto la bozza delle Linee guida del Ministero, laddove parla del quadro normativo, stabilisce che “non si tratta …di un contenitore rigido, ma di una indicazione funzionale ad un più agevole raccordo fra le discipline che devono concorrere a comporre il curriculo di educazione civica. Ogni disciplina è, di per sé, parte integrante della formazione civica e sociale di ciascun alunno”.

Per le scuole del primo ciclo la disciplina prevede l’insegnamento “trasversale” della materia in questione, affidato, in contitolarità, a docenti sulla base del curricolo. Alle istituzioni scolastiche è lasciata libertà di impiegare le risorse dell’organico in autonomia. Nelle scuole del secondo ciclo l’insegnamento sarà affidato ai docenti abilitati all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche, sempreché disponibili nell’ambito dell’organico dell’autonomia. Per ogni classe dovrà essere individuato, tra i docenti a quali è affidato l’insegnamento della nuova materia, un docente con funzioni di coordinamento. Ovviamente, l’inserimento dell’educazione civica comporterà la necessità di modificare il PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa).

Sulla bozza delle Linee guida, illustrata alle organizzazioni sindacali nell’incontro del 15 giugno 2020, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) ha espresso due importanti proposte pregiudiziali: un sostegno finanziario per l’insegnamento e l’avvio graduale e sperimentale con ripensamento della sua valutazione. Così il CSPI: “…condivide la scelta di dare centralità e organicità all’insegnamento dell’educazione civica. Da tale enunciata centralità dovrebbero discendere consequenziali scelte di politiche di investimento; mentre assistiamo ancora una volta, a interventi sull’esistente e a costo zero”. Lo stesso CSPI ritiene “opportuna la gradualità temporale introdotta che vede la determinazione dei traguardi di competenza e degli obiettivi specifici di apprendimento di tutti i gradi e tipologie di scuola, ma rileva la necessità di estendere di un anno la sperimentazione, considerato che le scuole saranno comunque tenute ad avviare per legge la programmazione del curriculo di Educazione Civica a partire dall’a.s. 2020/2021, anno che si preannuncia estremamente complesso per i Collegi dei Docenti, chiamati innanzitutto a riprogettare le attività. Ne consegue pertanto che il monitoraggio previsto dall’art. 4, comma 2, del decreto sia meglio definito e traslato agli aa.ss. 2021/22 e 2022/23, auspicando un contributo più attivo delle scuole alla stesura definitiva delle Linee Guida”.

In base all’art. 3 della Legge 92/2019, rubricata come “Sviluppo delle competenze e obiettivi di apprendimento”, le Linee guida dovranno definire per l’insegnamento dell’educazione civica specifici traguardi per lo sviluppo delle competenze e obiettivi specifici di apprendimento, in coerenza con le indicazioni nazionali per il curricolo delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, nonchè per i licei e le linee guida per gli istituti tecnici e professionali vigenti, assumendo a riferimento le tematiche della Costituzione, le istituzioni dello Stato italiano, dell’Unione europea e degli organismi internazionali, la storia della bandiera e dell’inno nazionale, l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015, l’educazione alla cittadinanza digitale, gli elementi fondamentali di diritto, con particolare riguardo al diritto del lavoro, l’educazione ambientale, lo sviluppo eco-sostenibile e la tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari, l’educazione alla legalità e al contrasto delle mafie, l’educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni, la formazione di base in materia di protezione civile. Inoltre, il comma 2 dell’art. 3 stabilisce che “nell’ambito dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica sono altresi’ promosse l’educazione stradale, l’educazione alla salute e al benessere, l’educazione al volontariato e alla cittadinanza attiva. Tutte le azioni sono finalizzate ad alimentare e rafforzare il rispetto nei confronti delle persone, degli animali e della natura”.

Ma, in realtà, la bozza delle Linee guida disciplina profili afferenti all’insegnamento dell’educazione civica e non delinea, se non apoditticamente, tali traguardi. Traguardi che, peraltro, sono affidati all’autonomia di sperimentazione delle scuole negli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022. Occorre evidenziare, inoltre, con riguardo ai nuclei tematici dell’insegnamento, che le Linee guida stabiliscono che gli stessi siano “…già impliciti negli epistemi delle discipline…”. Secondo il Ministero dell’Istruzione, a titolo esemplificativo, “l’educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale, delle identità delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari e la stessa Agenza 2030” cui fa riferimento l’art. 3 della Legge 92/2019, “trovano una naturale interconnessione con le Scienze naturali e con la Geografia”. Insomma, “si tratta di far emergere elementi latenti negli attuali ordinamenti didattici e di rendere consapevole la loro interconnessione”. La stessa bozza prevede tre nuclei concettuali a cui possono essere ricondotte tutte le diverse tematiche: la Costituzione, intesa come diritto nazionale e internazionale, come legalità e solidarietà; lo Sviluppo sostenibile, inteso come educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio; la Cittadinanza digitale. Nell’ambito della Costituzione il primo aspetto da trattare dovrà essere la conoscenza, la riflessione sui significati, la pratica quotidiana del dettato costituzionale. Collegati alla Costituzione le Linee guida faranno rientrare anche i temi relativi alla conoscenza dell’ordinamento della Repubblica (dallo Stato, alle Regioni, agli Enti territoriali, alle Autonomie Locali e alle Organizzazioni internazionali e sovrannazionali quali l’Unione Europea e delle Nazioni Unite. Anche i concetti di legalità, rispetto delle leggi e delle regole comuni in tutti gli ambienti comuni di convivenza, così come la conoscenza dell’Inno e della Bandiera nazionale, rientreranno in questo nucleo concettuale della Costituzione. Mentre nel secondo nucleo concettuale dello “sviluppo sostenibile” la bozza ministeriale prevede degli obiettivi che non riguarderanno “solo la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali, ma anche la costruzione di ambienti di vita, di città, la scelta di modi di vivere inclusivi e rispettosi dei diritti fondamentali delle persone, primi fra tutti la salute, il benessere psico-fisico, la sicurezza alimentare, l’uguaglianza tra soggetti, il lavoro, un’istruzione di qualità, la tutela dei patrimoni materiali e immateriali delle comunità”. Proprio sull’ambiente il D.L. 111/2019 (L. 141/2019: art. 1-ter) ha istituito un fondo denominato “Programma #iosonoAmbiente”, con una dotazione di € 2 mln per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, destinato a finanziare progetti, iniziative, programmi e campagne, comprese le attività di volontariato degli studenti, finalizzati alla diffusione dei valori della tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile, nonché alla promozione di percorsi di conoscenza e tutela ambientale. Per quanto riguarda la “Cittadinanza digitale”, di cui all’articolo 5 della legge 92/2019, secondo la bozza la stessa Cittadinanza deve intendersi come “capacità di un individuo di avvalersi consapevolmente e responsabilmente dei mezzi di comunicazione virtuali”, capacità che sarà sviluppata “a scuola con studenti già immersi nel web”. Sul punto, il Ministero intende consentire agli studenti “l’acquisizione di informazioni e competenze utili a migliorare questo nuovo e così radicato modo di stare nel mondo”, e “dall’altra mettere i giovani al corrente dei rischi e le insidie che l’ambiente digitale comporta…”. La Legge di bilancio 2020 (L. 160/2019: art. 1, co. 389-392) ha previsto che dal 2020, alle scuole statali e paritarie di ogni ordine e grado che acquistano uno più abbonamenti a periodici e riviste scientifiche e di settore, anche in formato digitale, è attribuito un contributo fino al 90% della spesa. Inoltre, sempre dal 2020, alle scuole secondarie di primo grado statali e paritarie che adottano, nell’ambito del piano triennale per l’offerta formativa (PTOF), programmi per la promozione della lettura critica e per l’educazione ai contenuti informativi, è attribuito un contributo fino al 90% della spesa per l’acquisto di uno o più abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste scientifiche e di settore, anche in formato digitale.

Affrontare l’educazione alla cittadinanza digitale – così riportato nella bozza – non può che essere un impegno professionale che coinvolge tutti i docenti contitolari della classe e del Consiglio di classe”. Sull’educazione alla Cittadinanza digitale, rispetto all’art. 5 della legge 92/2019, le Linee guida sembrano aver tralasciato l’istituzione della Consulta dei diritti e dei doveri del bambino e dell’adolescente digitale, in coordinamento con il Tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del Cyber bullismo, previsto dalla legge 71/2017, art. 3.

Sulle aree tematiche dell’insegnamento l’art. 4 della Legge 92 stabilisce che “a fondamento dell’insegnamento dell’educazione civica è posta la conoscenza della Costituzione italiana. Gli alunni devono essere introdotti alla conoscenza dei contenuti della Carta costituzionale sia nella scuola dell’infanzia e del primo ciclo, sia in quella del secondo ciclo, per sviluppare competenze ispirate ai valori della responsabilità, della legalità, della partecipazione e della solidarietà. In tale articolo la legge, oltre a specificare che “la conoscenza della Costituzione italiana rientra tra le competenze di cittadinanza che tutti gli studenti, di ogni percorso di istruzione e formazione, devono conseguire”, stabilisce anche l’adozione di “iniziative per lo studio degli statuti delle regioni ad autonomia ordinaria e speciale”, al fine di promuovere la conoscenza del pluralismo istituzionale disciplinato dalla Carta costituzionale”.

Appare del tutto evidente che la legge 92/2019 e le Linee guida ministeriali, di prossima emanazione e con notevole ritardo, trasferiscono alle scuole e ai docenti la complessa attuazione dell’insegnamento dell’Educazione civica che prevede un minimo di 33 ore ricavate dal monte ore, recuperate cioè dalle altre discipline, con la valutazione intermedia e finale e l’individuazione di un coordinatore per ogni classe. Contrariamente a quanto sostenuto dalla legge, per dare attuazione alla stessa legge, occorre aumentare l’organico e l’investimento di nuove risorse in cui dovranno essere previste finanziamenti per un piano di formazione per quei docenti che saranno coinvolti in questo nuovo insegnamento. Le ore sono poche per affrontare tutte le aree tematiche indicate nella Legge. Ed anche ove fosse presente l’insegnante di diritto lo stesso non potrebbe gestire la complessità dei richiami tematici della Legge. È necessaria una puntuale identificazione della grammatica dei contenuti e degli elementi di integrazione disciplinare, nonchè una progettazione che coinvolga tutte le discipline. La progettazione deve coprire tutte le aree rispettando anche le specificità di ogni istituto e il PTOF. Non è più funzionale la distinzione tra l’attività curricolare e «i progetti». La formazione dei docenti va fatta anche sui contenuti. La valutazione andrebbe affrontata facendo riferimento alle competenze trasversali e con strumenti adeguati. Ed in tutto questo c’è anche il fatto che dall’insegnamento della nuova materia “… non devono derivare incrementi o modifiche dell’organico del personale scolastico, ne’ ore d’insegnamento eccedenti rispetto all’orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti”. Come del resto – specifica l’art. 2 – “per lo svolgimento dei compiti di coordinamento di cui al comma 5 non sono dovuti compensi, indennità, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati, salvo che la contrattazione d’istituto stabilisca diversamente con oneri a carico del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa”.

Insomma, sussiste il rischio che le scuole debbano porre in essere frettolosamente una serie di adempimenti propedeutici all’avvio della sperimentazione, così aumentando le possibilità di esposizione al contenzioso (si pensi, in particolare, alla necessità di definire tempestivamente rubriche valutative e di individuare i docenti coinvolti nell’insegnamento dell’educazione civica).

A settembre 160 mila classi non rispetteranno 1 metro di distanza. Giannelli (Anp): le Linee Guida diranno cosa fare

da La Tecnica della Scuola

In almeno il 40% delle aule scolastiche è praticamente impossibile mantenere un distanziamento di un metro tra i banchi: la stima è di Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi.

Impossibile rispettare le distanze nel 40% delle aule

Il leader dell’Anp ha detto che secondo i calcoli del sindacato “in una percentuale rilevante delle classi il distanziamento” tra gli alunni “non è materialmente possibile per metratura delle aule e numero degli studenti”.

“Cosa facciamo allora in questi casi? Questa – ha detto Giannelli a colloquio con l’Ansa – è la domanda principale a cui dovrebbero rispondere le Linee Guida” sul rientro in sicurezza che la ministra dell’Istruzione ha confermato di volere rendere pubbliche a metà settimana dopo il chiarimento tra dicastero dell’Istruzione e Regioni e il via libera del Comitato tecnico scientifico.

Il problema è l’alto numero di classi non in grado di mantenere intatto il numero di alunni: stiamo parlando, infatti, se la stima di Giannelli è corretta, di 160 mila classi troppo piccole, a fronte di circa 400 mila complessive, dalla scuola dell’infanzia alla quinta superiore.

Molte più criticità di quelle attese

Un numero altissimo, quindi, che conferma i dubbi delle Regioni, ma anche della Tecnica della Scuola, a proposito delle dichiarazioni ottimistiche della viceministra Anna Ascani, secondo la quale “per il mantenimento della distanza di sicurezza all’interno delle aule non siamo messi male, però ci sono delle criticità, soprattutto nelle scuole superiori dei centri un po’ più grandi”.

Le criticità sarebbero, purtroppo, la regola e non eccezioni.  Il punto è che per allestire anche la metà delle classi, 80 mila aggiuntive a fronte delle 160 mila probabilmente inadeguate per mantenere le distanze tra gli alunni, occorrono fondi ingenti, sia per l’adattamento edilizio, sia per dotarle di docenti e garantire sorveglianza e pulizia attraverso collaboratori scolastici aggiuntivi.

Le indicazioni del Comitato tecnico scientifico

A dire il vero, il ministero ne discuterà anche con i sindacati in una riunione che è stata convocata per il giorno prima, mercoledì 24 giugno: i dirigenti ministeriali spiegheranno ai rappresentanti dei lavoratori che le Regioni propongono una superficie pari a 1,8 metri quadri ad alunno, per evitare criteri soggettivi che rischiano poi di creare problemi ai dirigenti scolastici -, entrate e uscite scaglionate, classi divise in gruppi e l’utilizzo di palestre e aule di laboratorio.

C’è anche l’idea secondo la quale, prima di tornare a scuola a settembre, tutto il personale scolastico – docenti, Ata e dirigenti – dovranno sottoporsi ad uno screening sanitario per verificare lo stato della salute.

Gissi (Cisl): gli scienziati non si occupino delle risorse

“Attendiamo di conoscere le linee guida per definire finalmente i contenuti del protocollo sulle misure di sicurezza – ha detto Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola – verificheremo nei prossimi giorni quali sono le modifiche apportate dal Comitato tecnico scientifico; le misure per il distanziamento sono importanti come le regole anticontagio”.

“Gli scienziati devono garantire il benessere nelle scuole e non dovrebbero essere influenzati dall’esiguità delle risorse messe a disposizione per realizzare classi meno affollate”, ha concluso Gissi.

Rientro a scuola, Azzolina: “In arrivo le linee guida. Il 14 settembre data proposta per riprendere”

da La Tecnica della Scuola

Dopo l’anticipazione fornita in precedenza, adesso arriva direttamente dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, la conferma che nei prossimi giorni saranno rese pubbliche le linee guida per il ritorno a scuola per settembre.

La Ministra spiega in un post su Facebook: “In questi giorni è andato avanti il confronto con il Cts sulla riapertura delle scuole. Nelle prossime ore condivideremo le Linee guida con tutte le parti che hanno partecipato al tavolo di lavoro e giovedì le chiuderemo insieme a Regioni ed Enti locali. Le scuole riapriranno in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Per l’avvio del nuovo anno abbiamo già proposto la data del 14 settembre“.

Per la riapertura è atteso un documento redatto dal Comitato Tecnico Scientifico, che sta lavorando su questi temi: distanziamento di almeno un metro in aula, di due in palestra e anche durante i pasti, l’ipotesi di un lunch box e assembramenti limitati nelle aree comuni.

Altre misure di sicurezza che sono in fase di valutazione dal CTS riguardano gli orari di entrate e uscite scaglionati, l’ingresso negato a chi ha più di 37,5 gradi di temperatura, la pulizia approfondita degli spazi e la mascherina obbligatoria dai 6 anni.

Tra le linee guida presentate dal Comitato Tecnico Scientifico ci sono: il distanziamento di due metri dai compagni, la possibilità di non indossare la mascherina in aula ma, al contrario, l’obbligo fuori dalla classe.

Anche le Regioni hanno presentato le loro linee guida: merenda consumata al banco, percorsi distinti di entrata e uscita, bidelli e docenti con il compito di sanificare gli ambienti.

Tra le incognite ci sono gli edifici scolastici non adeguati, le “classi pollaio”, il numero di docenti e il dubbio tra didattica a distanza o in presenza.

Riapertura scuole, Ministero convoca sindacati il 24 giugno

da La Tecnica della Scuola

Dopo la richiesta di incontro urgente dei giorni scorsi, i sindacati ottengono una riunione il 24 giugno con il Ministero dell’Istruzione.

Infatti, le organizzazioni sindacali fanno sapere che il Capo di gabinetto del Ministro dell’Istruzione con apposita comunicazione ha convocato i sindacati rappresentativi del personale della scuola per un confronto sull’avvio dell’anno scolastico 2020/21. L’incontro si terrà il prossimo 24 giugno.

In quella data, al centro dell’incontro si affronteranno le problematiche del rientro in sicurezza per alunni e lavoratori della scuola nonché le questioni relative alle condizioni di gestione organizzativa e didattica in termini di tempi, orari, organici, spazi e risorse necessari all’avvio dell’anno scolastico.

I sindacati, nella richiesta di incontro urgente, hanno sottolineato di “attivare il preliminare confronto sindacale (CCNL art 22 coma 8 lettera a) sulle linee guida che le istituzioni scolastiche saranno chiamate ad osservare nella gestione delle attività didattiche nel nuovo anno scolastico. Ciò anche in considerazione delle ripercussioni che le misure da adottare potranno avere sul rapporto di lavoro del personale, rispetto alle quali andrà anche valutata l’eventuale necessità di procedere a integrazioni della disciplina contrattuale”.